La lunga intervista rilasciata da Davide Casaleggio al quotidiano La Verità ben merita un commento e sono quindi grato al Fatto Quotidiano di avermene dato l’opportunità. Poiché a detta del New York Times il presidente della Associazione Rousseau ed erede della Casaleggio Associati sarebbe oggi uno degli uomini più potenti d’Italia, posso solo augurarmi che sappia apprezzare la franchezza! Del resto la discussione serve a comprendere il processo di cambiamento storico-politico che stiamo vivendo e che, concordo con C. non ha precedenti storici e ci obbliga a ripensare con grande umiltà tutte le nostre categorie di riferimento.

Mi pare che alcune delle principali tesi di C. siano le seguenti: la rete Internet e l’evoluzione tecnologica che l’ha accompagnata in questi vent’anni ha prodotto un cambiamento politico, economico e sociale dai tratti inarrestabili. Tale mutamento è per lo più desiderabile e chi avanza perplessità su questa trasformazione è in realtà spinto da ignoranza e paura del nuovo. Lo sviluppo tecnologico sarà in grado di trasformare i posti di lavoro che l’automazione farà perdere con nuova occupazione e maggiori opportunità di ozio creativo. Il progresso tecnologico farà ripartire l’economia, produrrà crescita e posti di lavoro ed è per questo importante che l’Italia investa in innovazione che altrimenti sarà costretta ai margini di questo inarrestabile progresso.

La frontiera non è dunque quella di provare ad arrestare questo cambiamento tramite operazioni protezionistiche o sovraniste, ma piuttosto di far emergere una nuova consapevolezza dei diritti che, in quanto fruitori di Internet, ci garantiranno l’agibilità democratica. Internet, infatti, offre la possibilità di una nuova e diretta partecipazione democratica che rode le basi degli attuali modelli di democrazia rappresentativa rendendoli obsoleti, sicché entro qualche lustro anche in Parlamento potrebbe essere un’istituzione inutile. Tutte le istituzioni politiche del presente non solo gli Stati ma anche l’Europa devono adattarsi a questa nuova situazione.

La lettura di C. mi pare caratterizzata da grande ottimismo. Del resto, come ebbe a dire Barrington Moore, chi narra la trasformazione nella prospettiva dei vincenti difficilmente potrà produrre qualcosa di diverso da retorica dominante, e Casaleggio Jr. è sicuramente un vincente dei processi sociali di cui parla.

Silicon Valley, California (USA)

La sua retorica, che ben conosco per lunga e antica permanenza a San Francisco, è quella della Silicon Valley e infatti, uno dei suoi modelli è Elon Musk. Ma sono centinaia i giovani Ceo che condividono l’entusiasmo. C. presenta il progresso tecnologico come un tutt’uno con quello politico e sociale e sposa in questo senso una retorica da fine della storia.

Tutti prima o dopo vivremo come nella Silicon Valley e la nuova tecnologia (in particolare la blockchain) garantirà una democrazia decentrata: una testa un voto, che necessariamente garantisce che vinca il migliore, ossia il più innovativo. Come i suoi modelli di Stanford e Cupertino, C. lascia sullo sfondo alcune questioni.

Innanzitutto, la tecnologia non è neutrale, sicché nelle attuali condizioni materiali della sua produzione l’entusiasmo per la tecnologia è entusiasmo per il capitalismo globale.

C. non lo nasconde: i giganti della new economy hanno saputo “cogliere prima degli altri le straordinarie opportunità della Rete e hanno generato profitti e lavoro diretto o indotto per milioni di persone”. Ma sono loro ad aver “catturato” la democrazia rappresentativa.

Chi ci dice che non potrebbero farlo anche per quella diretta? Al capitalismo estrattivo ipertecnologico si deve inoltre il continuo sforamento dell’impronta ecologica che dovrebbe essere 1 (perché una sola terra abbiamo) e che invece è fuori controllo. La Silicon Valley, modello di sviluppo e crescita innovativa da imitarsi, ha impronta ecologica 6. Qualcuno inizierà a parlarne?

Il capitalismo, scoperta la Rete, ne è diventato dipendente. Ma chi ha la proprietà della Rete? Di chi sono i cavi, i tubi sottomarini e i giganteschi server? Penso nessuno abbia una mappa attendibile.

Come possiamo immaginare di essere liberi in una dimensione i cui rapporti di potere reali ci sfuggono e in cui le nuove istituzioni del politico poggiano su infrastrutture misteriose? Purtroppo la Rete non è entità neutrale, ma luogo di scontro anche fisico. Dunque essa è intimamente politica. Il rischio vero per la democrazia è depoliticizzare il politico sorvolando su ogni base materiale. Sarebbe importante che anche questi temi si studiassero alla Rousseau Open Academy.

Ugo Mattei        Il Fatto  24 luglio 2018

 

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