Un rapporto dell’Alto commissario Onu per i rifugiati (Unhcr) mostra che alla fine del 2015 il numero totale di rifugiati nel mondo raggiunse la cifra di circa 65 milioni, con un’impennata rispetto agli anni precedenti. Tre fattori aiutano a spiegare questo fenomeno: le guerre e i conflitti in vari Paesi del Medio Oriente e dell’Africa; la crescita della popolazione (del 16% dal 2000 al 2017); e quel che la sociologa americana Saskia Sassen ha definito la “perdita di controllo” da parte degli Stati sui loro Paesi.
L’accelerazione dei fenomeni migratori è direttamente connessa all’incremento del potere di un gruppo ristretto di decisori globali e alla perdita di potere dei popoli e dei loro governi, a causa di guerre e/o dello sfruttamento economico. Di questi fattori i fabbricanti di propaganda anti-migranti non parlano.
Inoltre, il fenomeno migratorio ha interessato in misura molto ridotta l’Europa, dove i residenti non europei sono il 7,5% della popolazione. Ci sono certamente dosaggi diversi nei vari Paesi: a fronte del 5% in Ungheria e Bulgaria c’è il 14- 16% in Germania e Austria. Ma la stragrande maggioranza di quelli che ricevono migranti non stanno in Europa: sono la Turchia, il Pakistan, il Libano, l’Iran, l’Uganda e l’Etiopia. Nemmeno questi dati e fatti sono menzionati dai propagandisti xenofobi.
All’interno dell’Europa, la maggior parte dei movimenti migratori è derivata dal processo di allargamento dell’Unione e di integrazione ( che prevede movimento di « capitali, beni, servizi e persone » ) e non dal movimento di rifugiati e richiedenti asilo. Nemmeno questo viene detto da chi grida « prima gli italiani».
Perché queste cifre non riescono a parlare, mentre parlano le ricostruzioni allarmistiche dei media e i bollettini dei ministeri degli Interni? Perché i Paesi più democratici (Stati Uniti, Australia, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia) hanno abdicato ai principi dei diritti umani? Perché hanno violato il diritto internazionale al loro interno, con la costruzione di centri d’accoglienza che sono veri centri di detenzione per persone che nessun tribunale ha riconosciuto colpevoli?
Prima di tutto, si deve mettere in conto l’impatto del capitalismo finanziario su questi Paesi, che, piegati dalla crisi, non raggiungeranno più i precedenti livelli di benessere. Invece di puntare i riflettori sul capitalismo, si trova però più facile far sentire tutti gli “ altri” come nemici.
In secondo luogo, la de-strutturazione dei partiti e delle aggregazioni sociali ha aperto la strada nelle nostre democrazie a leader solitari e onnipresenti, che usano a piene mani Internet per fare audience capitalizzando sul sentimento della paura.
Leader che non rischiano nulla: poiché attribuire agli stranieri la colpa del malessere economico e sociale non richiede alcuna azione progettuale e preventiva, ma solo repressione e respingimenti. Semplificare è un mezzo per mietere facili consensi. Con i dati giusti e facili, subito sbandierati, come il numero di navi Ong bloccate; un numero magico che fa audience.
Che cosa c’entra la paura in tutto questo? Poco o nulla. Poiché i flussi migratori verso l’Europa e l’Italia sono diminuiti. E dunque è la sindrome della paura retrospettiva che cavalca l’audience, non la paura per quel che avviene ora.
Un po’ come successe con il fascismo che andò al potere quando ormai il pericolo rosso era passato. Eppure lo spavento di quel pericolo era stato paventato abbastanza a lungo da fare in modo che l’accumulo di parole per descriverlo prendesse il posto dei “ fatti”. Ecco il meccanismo perverso: poiché i numeri sono comunque in discesa, la propaganda del respingimento deve alzare il tiro e lanciare una campagna di risentimento contro chi salva le vite in mare, accusato di istigare le traversate.
La politica della crudeltà diventa politica della bontà: chi salva i migranti in mare è il cattivo perché genera nei disperati l’illusione che qualcuno comunque li salverà. La morale rovesciata di questo nuovo razzismo nasce dal bisogno di sopperire ai dati che non collimano con la paura, ormai solo retrospettiva.
Di qui in avanti, quindi, la colpevolizzazione cadrà su coloro che vogliono stare dalla parte dei diritti umani. Mietere consensi sulla paura retrospettiva significa cercare nuovi appigli: assalire chi vorrebbe salvare vite. A questo punto, i dati sono inutili. Basta un Samaritano che salvi un povero Cristo perché i “veri salvatori dell’umanità” abbiano un nemico facile contro cui scagliarsi.
Nadia Urbinati Repubblica 21.7.18
Vedi: Essere cattivi è facile se ti aiuta il diavolo
Carnefici e spettatori. La nostra indifferenza verso la crudeltà.