Il 18 giugno 1155 muore a Roma impiccato e arso sul rogo ARNALDO DA BRESCIA (65 anni) monaco agostiniano, riformatore religioso, politico e Padre della Prima Repubblica Romana.

Arnaldo fu un riformatore religioso caratterizzato da notevole eloquenza e forte avversione per l’istituzione tradizionale ecclesiastica. Sostenne il movimento antipapale e autonomistico romano (costituzione del Comune di Roma o renovatio Senatus) e durante il Risorgimento divenne una figura di riferimento per chi aveva una visione laica dello Stato.

Nato a Brescia Arnaldo studiò a Parigi con il celebre filosofo Pietro Abelardo (1079- 1142) dal 1115. Ritornato a Brescia intorno al 1119 Arnaldo entrò in convento per diventare un canonico agostiniano regolare ed iniziare la sua carriera come predicatore itinerante. In quel periodo Brescia come molte altre città si stava evolvendo in comune e nello stesso tempo era forte in città l’insofferenza verso il clero corrotto e concubino ma anche verso i potenti vescovi, veri signori della città e spesso simoniaci.

Per questo iniziò una serrata propaganda anticlericale e contro la simonia decisamente innovativa per i tempi: Arnaldo accusava il clero ed in particolare il vescovo di Brescia Manfredo di possedere terre, di interessarsi di vicende politiche e di praticare usura. Del resto era ancora vivo il ricordo del movimento dei Patarini che aveva raggiunto il suo apice nel 1059 quando il vescovo di Brescia Adelmanno aveva applicato le decisioni di Papa Niccolò II (1059-1061) contro i preti colpevoli di concubinato e simonia.

Arnaldo, la cui ricerca di purezza, austerità e distacco dalle cose terrene erano noti, fu intristito per le condizioni del clero bresciano che egli attribuì alle immense ricchezze accumulate dal vescovo e a quelle dei monasteri: egli pensò che l’unico modo per tornare ad una purezza cristiana era di costringere l’alto clero a spogliarsi di tutti i suoi averi ritornando alla povertà evangelica, all’elemosina e alla solidarietà. Arnaldo come già i Patarini era inoltre convinto che i sacramenti amministrati da un prete corrotto vanificavano il valore dei sacramenti stessi.

Nel 1138 il vescovo Manfredo preoccupato per l’effetto delle prediche di Arnaldo in città si recò a Roma per chiedere una condanna del predicatore da parte del Papa Innocenzo II (1130-1143) e questa fu pronunciata durante il Concilio Lateranense II del 1139.

L’indignazione popolare che ne seguì tuttavia fu tale che venne impedito a Manfredo di ritornare alla sua sede ma alla fine Arnaldo si decise ad accettare l’esilio in Francia a fianco del suo maestro Abelardo. Qui Arnaldo e Abelardo lottarono contro le accuse di Bernardo di Chiaravalle (cistercense 1090- 1153) il quale aveva fatto convocare il concilio di Sens del 1140 per confutare le 19 idee eretiche ( per lui) di Abelardo e contro cui portava avanti una dura polemica teologico-filosofica da molto tempo. Il concilio condannò Abelardo e Arnaldo al confino perenne in un monastero ma Arnaldo, dopo un periodo presso il monastero di Santa Genoveffa di Parigi, fuggì in Svizzera a Zurigo. Tuttavia Bernardo di Chiaravalle, che nella sua vita si dedicò con accanimento e costanza alla persecuzione del predicatore bresciano, riuscì a farlo mandare via sia da Zurigo che dalla Boemia dove si era rifugiato nel 1143 presso il legato pontificio cardinale Guido di Città di Castello.

Il rogo di Arnaldo. Stampa del '500

Quest’ultimo diventato Papa con il nome di Celestino II (1143-1144) riuscì a convincere Arnaldo a riconciliarsi con la Chiesa Cattolica ma la prematura morte del papa nel marzo del 1144 fece sì che Arnaldo compisse questo passo solo nel 1145 recandosi a Viterbo dal nuovo papa, appena eletto, Eugenio III (1145-1153) dal quale si fece confessare e assolvere previa la penitenza di compiere un pellegrinaggio ai santuari di Roma.

Arrivato a Roma nel 1145 Arnaldo trovò una situazione molto tesa: il potere papale era in rotta con la cittadinanza e questa, guidata dal patrizio Giordano Pierleoni (anche per interessi legati alla sua famiglia contro quella di Lucio II (1144- 1145, successo a Celestino II e membro della famiglia dei Frangipane)), cercava di fondare un comune laico sul modello di quelli dell’Italia settentrionale. Con la cacciata del pontefice seguita alla rivolta popolare del 1144 contro Lucio II era stato istituito infatti un libero Comune retto da un senato oligarchico e da un patricius. La lotta era poi degenerata ed era fallito un assalto contro i “repubblicani” da parte delle truppe guidate da Lucio II in persona che nel parapiglia venne ucciso da una sassata alla testa ( 1145).

Arnaldo sposò totalmente la tesi del popolo romano diventando il vessillo e l’ispiratore del neonato Comune e della  rivolta che scoppiò di nuovo approfittando del fatto che Eugenio III ( successo a Lucio II) aveva lasciato la città nel 1147 per recarsi in Francia a bandire la seconda Crociata.

I punti fondamentali del  radicale programma di riforma di Arnaldo da collegarsi alle idee del movimento milanese dei Patarini erano: la rinuncia della Chiesa alla ricchezza  e il suo ritorno alla povertà evangelica, l’abbandono del potere temporale dei papi, la predicazione estesa ai laici richiamando la sacerdotalità di tutti i cristiani, la non validità dei sacramenti amministrati da un clero non degno, la confessione praticata tra fedeli e non ai sacerdoti. Perorò con accalorati comizi le sue tesi anti-papali e rivoluzionarie tese a fare di Roma un’entità politica nuova e sganciata dalla Chiesa ma anche dagli interessi delle fameliche famiglie patrizie romane: un libero Comune (repubblica) insomma.

Nacque così la cosiddetta “Prima Repubblica Romana” ( 1145- 1155) Madre della successiva Repubblica Romana del 1799 d’ispirazione giacobina e della fondamentale REPUBBLICA del 1849: MAZZINI infatti spesso citò la Repubblica di Arnaldo come fonte d’ispirazione.

Eugenio III tentò invano di rientrare a Roma e da Brescia scomunicò Arnaldo, senza particolari conseguenze immediate, nel 1148. Infatti godendo del favore popolare Arnaldo non fu mai perseguitato personalmente fino al 1155. Tuttavia la Repubblica a Roma resistette solo fino allo sviluppo del dissenso interno fomentato dalle diverse posizioni assunte da una parte da Arnaldo e un tale Wetzel (un tedesco in ottimi rapporti con gli imperatori Corrado III e Federico I Barbarossa) favorevoli ad un abbattimento del potere temporale del papa e dall’altra dagli altri autonomisti romani che erano patrizi non interessati ad una soluzione così radicale ed estrema, pericolosa per i loro interessi.

 

Statua dedicata ad Arnaldo. Brescia.

Eugenio III riuscì oltretutto a compiere nel 1152 un’abile opera di diplomazia per riportare l’imperatore Federico Barbarossa sulle posizioni papali. I tempi erano maturi per un’azione decisa  intrapresa dal successore papa Adriano IV (1154-1159) il quale appena eletto lanciò l’interdetto sulla città di Roma. Il senato romano gettato nello sconforto dalla mossa papale intese che il prezzo da pagare era la testa di Arnaldo: questi fu espulso da Roma nel 1155 e si rifugiò presso il visconte di Campagnatico (Grosseto). Intanto papato e patriziato conservatore ripresero totalmente il potere soffocando la parte di popolo fedele al Comune e ad Arnaldo.

Tuttavia Federico Barbarossa si era impegnato con Adriano ad arrestare Arnaldo in cambio dell’incoronazione imperiale e quindi costrinse il visconte a consegnargli il monaco. Il pensiero di Arnaldo e la sua azione erano pericolosi sia per la Chiesa sia per l’Impero. L’imperatore successivamente inviò il prigioniero alla Curia romana che dopo un breve processo lo mise a morte nello stesso 1155 mediante impiccagione presso Porta Flaminia ( oggi del Popolo) seguita dal rogo del cadavere e dispersione delle ceneri nel Tevere ( dal lato dove oggi sorge il Lungotevere Arnaldo da Brescia). Quest’ultima azione fu decisa affinchè i seguaci di Arnaldo denominati arnaldisti o genericamente lombardi non potessero trafugare la salma per farne oggetto di venerazione.

Non è difficile dire in che cosa consistesse l’eresia di Arnaldo. Egli predicava contro l’abuso delle ricchezze del clero tale e quale come il suo antagonista Bernardo di Chiaravalle che venne fatto anche santo. Ma il punto più importante che condannò il predicatore bresciano fu il rifiuto del potere temporale del Papa e della Chiesa vero ricettacolo secondo lui di simonia. L’idea di una Chiesa che seguisse l’esempio di Gesù e dei primi apostoli rimase comunque inalterata per tutto il medioevo ritornando ciclicamente con i riformatori ortodossi come San Francesco d’Assisi e quelli eterodossi come Valdo fino a giungere al gran movimento protestante del XVI secolo. Arnaldo divenne, anche per questa visione di Chiesa povera e senza potere temporale, fonte d’ispirazione e modello.

A Roma, proprio su quel lungotevere che porta il nome di Arnaldo da Brescia e indicante il luogo dove le sue ceneri erano state sparse nel fiume, il 10 giugno 1924 sarà rapito e ucciso dai fascisti il socialista GIACOMO MATTEOTTI: un altro “riformatore eretico” nel suo tempo….

 

 

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5 dicembre 2010. Il lungotevere degli "eretici"

 



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