Il Nuovo ha consumato se stesso perché senza progetto. Con il passato, ha buttato via anche il futuro. I suoi paladini si sono rivelati clamorosamente inadeguati alle sfide, hanno deluso chi voleva cambiare e tradito chi ci aveva creduto. Eppure di una nuova politica l’Italia ha bisogno. Grandi riforme, palingenesi giudiziarie, rivoluzioni liberali, rivolte in Rete, rottamazioni, referendum epocali. Per decenni l’Italia ha inseguito il mito del nuovo inizio.

Il Nuovo ha modellato tutte le identità politiche: la sinistra, la destra, il centro. È comparso negli anni Ottanta, si è espresso in tutta la sua potenza all’alba degli anni Novanta, dopo lo scatto felino della storia provocato dalla caduta del muro nel cuore dell’Europa. Ed è diventato senso comune con la Seconda Repubblica: il restyling dei nomi e dei simboli, i modernizzatori contro i conservatori, gli innovatori contro i nostalgici. Nuovo si è presentato il Cavaliere dell’eterno presente. Nuovi i tecnici come Mario Monti. Nuovissimi i cittadini scelti dalla Rete nel Movimento 5 Stelle. E ancor più nuovo il renzismo della rottamazione dove tutto doveva apparire mai visto, mai udito, senza precedenti. Il Nuovo è stato la via italiana al governo e alla politica. Ora sembra smarrito, per incapacità di elaborazione, fragilità culturale, inconsistenza progettuale. Ma nessuna restaurazione del passato è possibile. E l’Italia ha bisogno di una nuova politica, per uscire da questo limbo senza riforme e senza partiti, senza destra e senza sinistra, senza vecchio e senza nuovo. Serve un Nuovo che sia ricostruzione, rigenerazione. (IBS)

 

La maledizione del “nuovo”: da Craxi a Renzi e i 5stelle

Il “Nuovo” ormai non è che un contenitore stanco, che vuol dire tutto e non vuol dire niente: Marco Damilano, nel suo ultimo libro, che si chiama appunto, Processo al Nuovo, mette in luce questo estremo paradosso. E per farlo ripercorre la più recente storia italiana. Dagli anni Ottanta a oggi. Da Bettino Craxi a Matteo Renzi, passando per Silvio Berlusconi, Mario Monti e Beppe Grillo. Tutti in modi diversi “nuovi”, tutti “smarriti” rispetto al loro progetto iniziale. Con un ex Rottamatore che si presenta come “l’argine della tenuta democratica del Paese”, e un Movimento che “si sta trasformando sempre più in un partito”. Il vice direttore dell’Espresso racconta questo momento di confine, di passaggio, di incertezza con gli strumenti dello storico della politica e la curiosità del giornalista, sempre pronto a catturare sul suo taccuino momenti da ricordare e da raccontare. Ne esce fuori un saggio che è anche una traccia per una storia d’Italia in forma di reportage. Che partendo dalla parabola del Nuovo invoca “gli uomini della transizione, gli eroi della ritirata, personaggi alla frontiera tra il vecchio e il nuovo, destinati all’incomprensione e non spaventati dall’impopolarità, disposti a rinunciare a qualcosa di se stessi e della loro narrazione”.

Wanda Marra       il Fatto   24 maggio 2017

Il libro:    Marco Damilano, Processo al nuovo,  ed. Laterza  2017,  € 14

 

vedi:  Tutte le reti del nuovo Valentino

Pensiero Urgente n.231)

Contro il populismo serve più cultura

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