Il 25 novembre 1945 muore a Cattolica Eraclea (AG) dopo essere stato gravemente ferito con due bombe a mano lanciate da sicari mafiosi GIUSEPPE SCALIA (39 anni) contadino e sindacalista socialista.

Scalia, nato in una modesta famiglia di contadini, finita la guerra immediatamente si era posto con altri contadini alla testa del movimento bracciantile che lottava per l’assegnazione delle terre incolte e l’attuazione della riforma agraria ( secondo la legge Gullo dell’ottobre del 1944) e fu tra i fondatori della cooperativa agricola La Proletaria. Per la sua azione di lotta, convinta e coraggiosa, venne scelto quasi subito per la carica di segretario della Camera del lavoro di Cattolica Eraclea.

Nei mesi in cui ricoprì questo incarico crebbe la stima di tutti verso la sua persona e la sua intelligenza politica, ma ugualmente crebbe anche l’odio della mafia locale e degli agrari che cercavano di conservare i propri privilegi.

Nonostante le minacce di morte mafiose e il clima di paura che dominava in quegli anni in tutte le campagne dell’agrigentino, Scalia continuò il suo impegno, spesso recandosi anche nei centri vicini per sostenere le lotte dei contadini di Siculiana, Montallegro, Sciacca.

Intanto in vista delle elezioni amministrative del 1946 – le prime elezioni libere dopo un ventennio di repressione fascista – la mafia lanciò la sua offensiva contro il movimento contadino.

Alla fine di un altro anno in cui aveva lottato con passione per la giustizia sociale e per difendere i diritti dei contadini, Scalia il 18 novembre del 1945 verso le ore 19, mentre passeggiava davanti alla sede della Camera del Lavoro insieme a Aurelio Bentivegna, vicesindaco socialista del paese, venne gravemente ferito da due bombe lanciate da sicari mafiosi. Scalia cadde in una pozza di sangue proprio in una di quelle strade che tante volte lo avevano visto protagonista di coraggiose manifestazioni e morirà il 25 novembre successivo in ospedale. La speranza degli agrari e dei gabellotti mafiosi fu quella di sedare il movimento socialista, togliendo alla massa il capo più attivo.

Quasi inconsistente fu l’opera della polizia locale che non interrogò i familiari di Giuseppe Scalia, anch’essi tra i fondatori della “Cooperativa La Proletaria”, e neanche Aurelio Bentivegna, rimasto ferito con Scalia, che da tempo era stato preso di mira con denunzie e con ogni sorta di persecuzioni. Per l’assassinio di Scalia non furono mai trovati i responsabili e i suoi resti riposano nel cimitero di Cattolica Eraclea.

 

Vedete il nostro video  ” Il dovere della Memoria“: QUI

 




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