Anticipiamo parte della prefazione di Roberto Zaccaria, costituzionalista ed ex deputato dell’Ulivo, a La costituzione spezzata di Andrea Pertici (Lindau)
Spostare il quesito in un consenso o meno sull’azione di governo è indubbiamente un grave errore, ma un errore o una deformazione non meno grave è quella di “riassumere” la riforma in alcuni principi che non corrispondono affatto al contenuto delle disposizioni che la caratterizzano. Questa comunicazione, a prescindere dalla buona fede di chi la compie, può diventare, se non un inganno, certamente uno sviamento o un travisamento della realtà.
Non mi soffermo in modo particolare sull’equivoco che accompagna il messaggio sulla riduzione dei costi della politica, che vengono rappresentati come rilevanti e invece sono assolutamente marginali e sui quali fornisce risposte molto ben documentate questo libro di Pertici. M’interessa fare solo un rapido accenno al tema della semplificazione dei processi normativi sul quale si esercitano, nella comunicazione pubblica, improvvisati costituzionalisti di non ben identificate Università.
Quest’affermazione contiene ben due errori. In primo luogo quello di considerare la semplificazione del processo normativo costituzionale un valore in sé positivo. In secondo luogo, dire che questa riforma semplifica il processo normativo è un radicale capovolgimento della realtà, visto che sostituisce al classico e unico procedimento che tutti conosciamo (art. 70 Cost.), la bellezza di almeno 7 procedimenti inquadrati in una vera corsa a ostacoli che probabilmente finirà davanti alla Corte costituzionale.
L’ultimo equivoco sul quale Pertici richiama l’attenzione è quello rappresentato dalle dichiarazioni molto decise sul fatto che la riforma costituzionale non toccherebbe in alcun modo il tema della forma di governo: infatti si dice che non è formalmente affrontato il capitolo costituzionale che la riguarda. Niente è più inesatto di questa affermazione. La forma di governo non è infatti trattata nel solo titolo III della seconda parte, ma in varie parti della Costituzione e anche in alcune importanti leggi a essa collegate. Basterebbe fare l’esempio della legge elettorale e, perché no, anche dalla legge che disciplina la governance della televisione pubblica, per capire che il discorso è un po’ più complesso.
La forma di governo si basa evidentemente sul peso dei diversi organi costituzionali non solo in sé ma anche nei rapporti reciproci. Ebbene, volendoci limitare solo al ruolo del governo in Parlamento, sia pure con riferimento specifico al capitolo della produzione normativa, è difficile negare che questo ruolo risulti molto accentuato e di converso ridotto quello del Parlamento.
Tutti sanno che nella situazione attuale, a causa di una serie di patologie, collegate a decreti legge, maxi-emendamenti e fiducie, il governo abbia un peso già molto rilevante nella creazione delle fonti normative. Dopo questa riforma il governo avrà una forza ancora maggiore rispetto al periodo precedente.
Restano inalterate alcune sue prerogative nella possibilità di ottenere deleghe, con principi e criteri direttivi che la prassi ha reso sempre più evanescenti, e nella possibilità di chiedere la fiducia a ripetizione su un numero enorme di provvedimenti. Si aggiungono importanti novità che certamente avvantaggiano il governo (…) Se il governo avrà alcuni limiti maggiori nell’utilizzazione dei decreti legge, avrà per contro la possibilità di utilizzare il “voto a data certa” o la “corsia preferenziale”. Si stratta di uno strumento del tutto nuovo che la norma costituzionale appena introdotta rimette sostanzialmente alla discrezionalità dell’esecutivo, senza idonei contrappesi a favore del Parlamento e delle opposizioni.
Roberto Zaccaria Il Fatto 31/8/2016
Il libro: Andrea Pertici, La Costituzione spezzata. Su cosa voteremo con il referendum costituzionale, ed. Lindau 2016, € 12,00
vedi: Costituzione! Perchè attuarla è meglio che cambiarla
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