È riuscito a ultimare il suo ultimo libro, L’alveare della Resistenza (Giuffrè), dedicato ai magistrati e agli avvocati piemontesi che si ribellarono al fascismo. Massimo Ottolenghi, classe 1915, magistrato e avvocato civilista, esponente del Partito d’Azione, si è spento ieri mattina nella sua casa di Torino. Allo storico liceo classico D’Azeglio era stato compagno di scuola dei futuri partigiani Emanuele Artom e Oreste Pajetta. Allievo di Massimo Mila e Augusto Monti, nel 1937, a Vienna, fu coinvolto in una sparatoria: «Tornai a Torino e lanciai l’allarme nella comunità ebraica, ma il mio racconto venne considerato un’esaltazione giovanile».

Ottolenghi partecipò attivamente alla vita partigiana nelle Valli di Lanzo da dove riuscì a far fuggire in Francia centinaia di ebrei. Cinque anni fa scrisse Ribellarsi è giusto, rivolto alle giovani generazioni. «Essere partigiani, in tempi di revisionismo, significa difendere la Costituzione, la legge, le istituzioni e il linguaggio. La regola è la base di una società, non uno strumento di potere. Solo l’azione che nasce spontanea dall’indignazione muove la storia. Ecco perché essere partigiani nella contemporaneità. Ribellarsi non è impossessarsi del potere ma restituire la legittimità alle istituzioni» ripeteva Ottolenghi.

Guido Novaria La Stampa 19.1.16

 

 

Addio al partigiano Ottolenghi autore di “Ribellarsi è giusto

Antifascista, azionista, fu in contatto con Bobbio, i fratelli Galante Garrone e Galimberti. Aveva da poco compiuto i cento anni

Ribelle fino all’ultimo. Massimo Ottolenghi, il partigiano Bubi, è morto ieri dopo un secolo di vita. «Sono fiero di essere un uomo libero, un ribelle», aveva detto a giugno ai festeggiamenti per i suoi cento anni. Nato nel 1915, è stato antifascista per origini e vocazione. Suo padre, docente di diritto internazionale e amico di Luigi Einaudi, fu espulso dall’Università di Torino e cancellato dall’albo degli avvocati dopo l’approvazione delle leggi razziali. Il primo incontro con l’antifascismo risale alla fine degli anni Venti, quando in famiglia scoprì che c’erano magistrati e avvocati che si opponevano a Mussolini . Studente del liceo D’Azeglio di Torino, fucina degli intellettuali antifascisti, da Foa a Ginzburg e Antonicelli, fu allievo di Augusto Monti e fece parte della generazione dei «comunisti dalle braie curte» assieme a Emanuele Artom e Oreste Pajetta, entrò poi in contatto con Norberto Bobbio, i fratelli Galante Garrone e Duccio Galimberti.

Durante la Resistenza, Ottolenghi “salì in montagna” nelle valli di Lanzo e militò nelle file di Giustizia e Libertà. Qui si impegnò nella realizzazione di una rete di solidarietà che salvò la vita a 200 ebrei, occupandosi dei contatti tra i comandi militari e le formazioni partigiane anche a Torino. I valori della Resistenza sono stati la stella polare della sua attività di magistrato prima, di avvocato e scrittore poi. Diventò militante del Partito d’Azione con Ada Gobetti e Giorgio Agosti, e diresse il giornale torinese del partito, dove assunse il giovane cronista Giorgio Bocca.

«Provo tanta amarezza per questo nostro Paese. Rivedo nelle vicende di oggi tante cose già viste — aveva raccontato nell’intervista a Repubblica per il suo ultimo compleanno — Gli uomini non hanno imparato nulla: penso all’odissea dei migranti che mi ricorda la tragedia delle nave Saint Louis, che nel 1939 vagò, con i suoi mille profughi ebrei, da un porto all’altro. Tornarono in Germania e molti di loro morirono nei lager».

Nel 2011 Ottolenghi ha scritto Ribellarsi è giusto (Chiarelettere), con cui lanciava un appello alle giovani generazioni perché riscoprissero il valore della rivolta. «Scompare con lui una grande anima del Novecento», ha detto il sindaco di Torino Piero Fassino. Le esequie saranno celebrate domani mattina e la salma sarà tumulata nel cimitero ebraico.

Jacopo Ricca     Repubblica 19.1.16

 

 

Vedi:  Il Partigiano che parla ai giovani: MASSIMO OTTOLENGHI.


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