Non è nato sotto buona stella e, nonostante gli sforzi di papa Francesco, sembra che anche oggi dovrà pagare il suo tributo all’ambiguità, così come è avvenuto per tutti i precedenti. Il termine “Giubileo” è stato usato per la prima volta da papa Bonifacio VIII nel 1300, quando indisse il primo giubileo della storia. In realtà l’iniziativa fu una richiesta della gente comune. Nella notte di Natale del 1299 si riversarono nella Basilica di San Pietro cittadini di Roma e migliaia di pellegrini a visitare i sepolcri degli apostoli Pietro e Paolo convinti di afferrare così il perdono di tutti i peccati di cui si erano pentiti. Inoltre il rinnovamento spirituale introdotto in gran parte dai francescani e domenicani aveva diffuso un grande bisogno di fede, di perdono e di purificazione. Tale fu l’impressione suscitata dal Papa, che decise di indire un Anno Santo. Ogni 100, divenuti poi 50 e in seguito 25 anni.

Più che un innesto nella tradizione biblica e profetica dell’anno “sabatico”, il primo Giubileo dell’era cristiana si pone subito come “affare”, in contrapposizione alla “Perdonanza” di Celestino V. Questi, tale Pietro da Morrone, eletto papa nel 1294, in una situazione del tutto eccezionale, con la cosiddetta “Bolla del Perdono”, stabiliva che coloro i quali, senza alcuna distinzione, fossero entrati nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L’Aquila, nell’arco di tempo compreso tra la sera del 28 e quella del 29 agosto (anniversario della sua investitura) di ogni anno, e fossero “veramente pentiti e confessati”, avrebbero ottenuto la remissione dei peccati. Il fatto era del tutto eccezionale, visto che accadeva in un periodo in cui il perdono era spesso legato alla speculazione e al denaro e in un luogo “periferico”, rispetto alla “Roma Papale”. L’Aquila era la città nella quale Celestino V si era fatto incoronare papa e dalla quale non si era voluto muovere, perché a Roma non si sentiva sicuro.

L’Aquila era all’epoca sotto il dominio di Carlo II d’Angiò, acceso sostenitore del pontificato di Celestino. E il 28 settembre 1294 re Carlo, su sollecitazione di Celestino V, emanò un Diploma, col quale perdonava ogni colpa ai “paganisci”, cioè agli abitanti di Paganica responsabili delle distruzioni operate contro alcune rocche feudali di proprietà regia ed annullava la relativa multa di 2.000 once d’oro. Questa si poneva dentro la piena tradizione biblica, così come si evidenzia dal capitolo XXV del Levitico, nel quale si ordinava, ogni sette settimane di anni, cioè ogni cinquant’anni (dopo quarantanove anni), il riposo della terra che non poteva essere coltivata, il rientro in possesso delle terre perdute, la remissione dei debiti, la liberazione degli schiavi e la pacificazione universale: “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. (…) Ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia” (v.10); “Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini” (v. 23). Il giubileo di Bonifacio VIII occultò e tentò anche di cancellare (non riuscendovi) l’intuizione profetica di papa Celestino. Da momento di “Grazia” si trasformò in occasione di “grazie”, commercio sempre più laido di “perdoni” e “beneficenze”, di profitti e assoluzioni.

Fu papa Paolo VI, molti secoli dopo, a restituire al Giubileo l’idea di riscatto e giustizia sociale, ricordando che le radici bibliche di quella celebrazione risiedono in quel passo del Levitico (25,10) in cui Dio proclama ogni 7 cicli di 7 anni un anno speciale, di grazia e redenzione, nel quale gli ebrei si impegnano a far riposare la terra; a condonare i debiti; a liberare gli schiavi. Lo fece nel 1973, annunciando l’indizione del giubileo del 1975, affermando che quelle radici andavano recuperate e pienamente vissute, seppure in un senso spirituale.

Ciononostante il Giubileo ha continuato e continua ad essere un’ottima occasione per fare business, là dove a beneficiare non sono i poveri, che secondo la Bibbia dovrebbero essere i primi destinatari dell’Anno di Grazia, bensì gli albergatori, i commercianti e le grandi agenzie turistiche. Occasione di grossi guadagni e di sprechi immensi.  Basti dare un’occhiata al resoconto del Giubileo wojtyliano  del 2000: dei 2.578 miliardi di lire stanziati per la realizzazione di 5.000 opere “giubilari”, ben 2.208 vennero spesi per opere mai portate a termine!

Per il Giubileo indetto da papa Francesco e che avrà inizio domani, 8 Dicembre, fonti vaticane e del Comune di Roma già profetizzano 25-30 milioni di pellegrini che varcheranno la Porta santa  nella basilica di San Pietro. La scelta di Francesco, di inaugurare l’Anno Santo a Bangui, nella Repubblica Sudafricana, avrebbe potuto e dovuto insegnare ai cattolici di tutto il mondo che il vero Giubileo è un qualcosa che riguarda la loro Vita e non la Geografia, il loro rapportarsi con l’”altro” e non il loro trasferirsi altrove. Non si tratta di far venire i pellegrini a Roma; si tratta di rimettere al mondo la misericordia di Dio e, quindi, di proporre al mondo un nuovo paradigma, contro lo sfruttamento della terra, i prestiti usurai, gli investimenti non rispettosi né dei diritti dei popoli né delle esigenze della natura. E invece no! Proprio per niente. Si continua, a tambur battente, a suonare la grancassa del guadagno e dello spreco, per di più in una costosissima guerra senza confini e mai dichiarata!

 

Don Aldo Antonelli, parroco in pensione     in    L’Huffington Post  7 12  2015

Calendario eventi
dicembre 2015
L M M G V S D
 123456
78910111213
14151617181920
21222324252627
28293031EC
Cerca nel Sito
Newsletter
In carica...In carica...


Feed Articoli