Il 23 ottobre del 1867 muore a Roma a Villa Glori ucciso in combattimento ENRICO CAIROLI (27 anni) medico e Patriota risorgimentale italiano.

Enrico nacque a Pavia,  quarto figlio di CARLO e di ADELAIDE BONO CAIROLI (1806- 1871), e intraprese studi di medicina che interruppe nel 1859 allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza per parteciparvi combattendo col grado di caporale tra i Cacciatori delle Alpi di GARIBALDI. Terminata la guerra e rientrato a Pavia, riprese gli studi, interrompendoli nuovamente per prender parte, nella 7ª compagnia comandata dal fratello BENEDETTO, alla spedizione dei Mille (1860).

Nello scontro di Calatafimi, il 27 maggio del 1860, venne ferito e fu costretto così ad abbandonare la spedizione – dove venne sostituito dal fratello LUIGI, poi morto in settembre  a Cosenza-, e rientrò in agosto a Pavia. Di questo suo periodo di campagna, dal 3 maggio al 10 agosto, tenne appunti quotidiani in un diario. Allo scioglimento delle forze dei Volontari nel Sud, preferì non entrare nell’esercito regolare e rifiutò anche la pensione di ferito. Conseguì la laurea in medicina nel 1861 ma confessò all’amico AGOSTINO BERTANI (1812- 1886), medico e compagno nei Mille,  di essersi dovuto troppo allontanare, per l’attività patriottica, da una seria applicazione allo studio.

Nel 1862 decise di essere al fianco di Garibaldi nella spedizione verso Roma, fermata dalle truppe piemontesi sull’Aspromonte il 29 agosto e dove lo stesso Garibaldi fu ferito dai bersaglieri italiani, per cui subirà un periodo di prigionia nei forti liguri del Varignano, di Ratti e di San Benigno, dove compose un secondo diario. Liberato in ottobre per l’amnistia, progettò con Garibaldi e altri esponenti del Partito d’Azione mazziniano un piano di aiuto, fallito, ai Polacchi insorti nel 1863 contro il dominio russo.

Nel 1866 s’impegnò all’arruolamento nel Meridione di volontari per la terza guerra d’indipendenza, cui partecipò combattendo nello scontro di Monte Suello (3 luglio 1866). Ma, terminato il conflitto, rimase molto deluso per le incertezze della condotta operativa della guerra che finì con varie sconfitte per gli Italiani. Allora si volse risolutamente all’azione per unire Roma all’Italia: si recò nell’agosto del 1867  in città col fratello GIOVANNI per esaminare le possibilità di un’insurrezione.

Un progetto di spedizione prese forma, girando nel territorio intorno a Roma in settembre, coi preparativi e le prime infiltrazioni dei volontari nel Lazio; poi Enrico e Giovanni tornarono a Roma ma vennero espulsi il 9 ottobre dalla polizia pontificia. Quindi s’incontrarono a Firenze col fratello Benedetto, portandosi quindi a Terni, per organizzare un’azione di appoggio dell’insurrezione in città, diretta dal garibaldino bergamasco FRANCESCO CUCCHI (1834- 1913), che, iniziata il 20, fu stroncata il 23 ottobre 1867.

Studiando la situazione al vicino confine, Enrico assunse il comando del drappello radunato dal fratello Giovanni, muovendo la sera del 20 ottobre da Terni con circa settantotto volontari, ma non sapendo nulla del fallimento dell’azione di Cucchi. Passati per paesi della Sabina, giunsero, via Tevere, la sera del 22 ottobre a ponte Milvio; qui, dopo due ore di attesa di comunicazioni da Roma, intuirono il fallimento del moto romano di Cucchi. Spostandosi allora dalla sponda sinistra del fiume, ripararono in un canneto, e verso l’alba si avviarono verso i monti Parioli per preparare una difesa da posizioni dominanti.

Morte di Enrico Cairoli. Dipinto di G. Induno, 1868

Occuparono il poggio di una villa, di proprietà della famiglia Glori, dove furono attaccati nel pomeriggio del 23 da un reparto di zuavi e gendarmi pontifici. Contrattaccando alla baionetta, Enrico cadde ripetutamente colpito, morendo tra le braccia del fratello Giovanni, a sua volta ferito ( morirà a causa delle ferite l’11 settembre 1869). La salma, consegnata dai pontifici per l’immediato interessamento degli amici (specialmente Bertani e JESSIE WHITE MARIO ( 1832- 1906), garibaldina inglese e amica di MAZZINI) con un accordo di scambio di salme e di prigionieri, fu tumulata nel sepolcro della famiglia Cairoli in Gropello Cairoli (Pavia).

La sfortunata impresa e il generoso sacrificio di Enrico e di altri compagni segnò l’inizio di più ampie operazioni garibaldine intorno a Roma, come la battaglia di Mentana  ( 3 novembre 1867) condotta da Garibaldi che, pur risoltasi in una sconfitta,  accelerò la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla questione di Roma, liberata tre anni dopo dalle truppe italiane ( non certo nel modo nel quale avevano sperato Mazzini e Garibaldi!). I due diari tenuti da Enrico Cairoli verranno pubblicati nel 1899.

 

Scriverà anni dopo Garibaldi:

“La Grecia ebbe i suoi Leonida, Roma antica i suoi Fabî, e l’Italia moderna i suoi Cairoli, colla differenza che con Leonida e Fabio gli eroi furono trecento: con Enrico Cairoli, essi furono Settanta, decisi di vincere o morire per la libertà italiana.”

 

vedi: La generosità di un giovane: GIOVANNI CAIROLI

Una Madre Patriota: ADELAIDE BONO CAIROLI

 

 

Vedete il nostro video  ” Il dovere della Memoria“: QUI

 



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