Cari Amici,
prima di tutto, come romano, vorrei salutare tutti quelli che oggi sono venuti qui a Roma: che non è un porcile, ma è la capitale d’Italia. Dunque i fratelli d’Italia che vengono nella capitale vengono a casa loro. E Roma accoglie tutti quelli che vengono da lei: non toglie le panchine per non farli sedere. E tutti rispetta perché, come diceva un antico Padre della Chiesa, “chi sta in Roma sa che gli Indi sono uniti con lui”. Roma ricorda quanto deve ai non romani. Nella sua memoria storica c’è che gli Apostoli, suoi Patroni, sono venuti dalla Palestina, erano extracomunitari, i bersaglieri a Porta Pia sono venuti dal Piemonte, gli americani alla Liberazione sono venuti dal mare, gli immigrati che l’hanno resa metropoli sono venuti dal Sud. Roma sa pure che molte volte dal Nord sono venuti i barbari. Ma non importa, perché ha civilizzato anche loro.

 
Però il barbaro che ora ci governa dai nostri Palazzi, lo fa per abuso d’ufficio. Dice di farlo perché è il più amato dagli Italiani, ma i sondaggi non dicono più così. I suoi cantastorie Bondi e La Russa dicono che è ancora assai popolare, tanto che la gente per la strada gli stringe le mani, ma questo succede anche a Fiorello. In realtà Berlusconi sta oggi al potere grazie a delle riforme abusive del sistema politico che sono culminate in una legge elettorale che secondo il ministro Calderoli è una porcheria. Allora per restare nel linguaggio del bestiario preferito dai nostri amici del Nord,
dovremmo dire al ministro delle Riforme che quando usa l’acronimo SPQR dovrebbe leggerlo piuttosto come “Sono porcate queste riforme”. Ma per tornare a un linguaggio più conforme alla dignità della politica, noi diciamo semplicemente che si tratta di una legge elettorale illegittima. Legale ma illegittima. Perché invece di darci il diritto di voto ce l’ha tolto. Ci ha tolto il diritto di scegliere i deputati per nome, e ci ha imposto le nomine decise dai leaders di partito; e ci ha tolto l’eguaglianza nel voto, perché grazie al premio di maggioranza ci vogliono meno voti per eleggere uno che siede sui banchi del governo, che per eleggere uno dell’opposizione. Addirittura la legge elettorale si è inventata due diversi quozienti elettorali per l’attribuzione dei seggi, chiamando “quoziente elettorale di maggioranza” quello minore, e “quoziente elettorale di minoranza” quello formato da un numero di voti maggiore. E con gli sbarramenti ha mandato al macero, inutilizzati, milioni di voti. Perciò la legge elettorale calpesta l’art. 48 della Costituzione che ha voluto dare a tutti i cittadini un voto “personale ed eguale, libero e segreto”. Al contrario noi abbiamo oggi un voto che sarà anche segreto, ma non è eguale quanto ai suoi effetti, non è libero nella scelta, e per il quale milioni di persone sono cancellate dal popolo sovrano. Perciò noi diciamo che il potere derivante da questa legge elettorale è in termini democratici illegittimo.

 Questa è la verità più profonda di questa nostra manifestazione di oggi, e la ragione per cui chiediamo che il governo se ne vada, che si faccia una legge elettorale legittima, e che il popolo sia chiamato di nuovo alle urne per aprire una nuova pagina della nostra storia. E se poi non vorranno cambiare la legge elettorale, lasciandola nel porcile, le elezioni si dovranno fare al più presto lo stesso; e il popolo saprà come votare. E anzi, siccome la base principale su cui è costruita la legge è proporzionale, essa può essere usata come se fosse una legge pulita, facendo in modo che non si verifichino le ipotesi per cui scattano il premio di maggioranza, gli sbarramenti e le discriminazioni nell’attribuzione dei seggi. Se si fa appello allo spirito repubblicano, anche con una legge truffa si può salvare la democrazia, e si possono fare elezioni pulite con una legge sporca: tutto è puro per i puri, diceva un motto latino. Perciò i partiti possono stabilire i collegamenti più liberi e le alleanze più larghe lungo tutto l’arco costituzionale per cambiare la legge o, in caso contrario, per neutralizzarne i meccanismi perversi su cui Berlusconi conta per mettere ancora una volta in scacco la democrazia. Questo non lo possiamo permettere, la cordata per la Costituzione è quella che ci deve salvare dal precipizio, non è il CLN, né certo possiamo chiedere all’on. Veltroni come si vincono le elezioni. Per questo noi siamo qui, per riprenderci il diritto che ci attribuisce l’art. 49 della Costituzione, di “concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale”. Questo diritto ci è oggi negato perché secondo il vangelo del potere nulla potrebbero fare i cittadini tra un’elezione e l’altra se non rispondere ai sondaggi; il mandato politico conferito dal voto popolare viene trasformato dall’alchimista al governo in una investitura metafisica, sicché non dovrebbe più essere messo in discussione per tutta la legislatura né dal parlamento, né dai giudici, né dal popolo, e se anche ci fosse un fuorilegge al potere nessuno potrebbe farci niente fino alla fine: ma così non è; non è possibile che la democrazia e lo Stato di diritto non abbiano uscite di sicurezza e vie di salvezza: nella Costituzione ci sono. Noi siamo qui oggi per dirlo, e perché non ci è lasciato altro modo di concorrere a determinare la politica nazionale. Ci hanno tolto tutti gli strumenti dalle mani: la partecipazione politica dei cittadini è impedita e dileggiata, i partiti democratici sono oltraggiati e messi ai margini o espulsi dalle istituzioni, del Parlamento hanno fatto un luogo di mercato, la Televisione ci plagia e la stampa non parla per noi. Anche i sindacati sono sotto scacco, quando si nega perfino il diritto di sciopero e agli operai si offre uno scambio tra il lavoro e i diritti. Allora non restano che due cose come promemoria della democrazia: il popolo che scende in piazza e i lavoratori che salgono sui tetti. Noi siamo qui per dire che questo scempio deve finire. Noi siamo d’accordo con Fini quando diceva, prima ancora della rottura, che Berlusconi confonde “la leadership con la monarchia assoluta e il consenso popolare con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo”; ma vediamo che anch’egli è sotto il ricatto del sistema, non è andato fino in fondo e si è esposto al linciaggio dei portavoce del premier. Noi siamo d’accordo con l’on. Bocchino quando dice, come ha detto l’altro giorno alla Camera, che “dobbiamo dar vita a una nuova etica pubblica, dobbiamo combattere duramente la corruzione”, dobbiamo opporci “ad una riforma punitiva nei confronti della magistratura” e quando accusa Berlusconi di aver usato i soldi del Sud come un bancomat per finanziare qualsiasi cosa anche estranea agli interessi del Sud; siamo d’accordo col capogruppo di Futuro e Libertà: però noi non votiamo a favore, non capiamo come si può dopo tutto questo votare a favore; noi votiamo contro, in questa piazza e nelle urne. Noi siamo qui oggi perché vogliamo ripristinare il bene più prezioso che la Costituzione ha dato al nostro Paese, e per il quale il cristiano Giuseppe Dossetti diceva ai giovani: se fanno cilecca i dieci comandamenti, almeno state alla Costituzione. Questo bene prezioso è la dignità, che la Costituzione proclama quando rivendica la dignità del lavoro, la dignità della persona, la dignità di una politica internazionale volta alla giustizia e alla pace, la dignità delle religioni, la dignità dei partiti, la dignità dei servitori dello Stato, la dignità del Parlamento. Dignità è una parola che compare 31 volte nell’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, compare 102 volte nei documenti del Concilio Vaticano II, compare 5 volte nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed è il principio ispiratore della Dichiarazione d’indipendenza americana, e della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della Rivoluzione francese.

E ciò perché la dignità è l’umanità stessa della donna e dell’uomo, è l’immagine del divino che si manifesta in loro come libertà. Sulla libertà non la si può dare ad intendere, non la si può ridurre a partito, perché nella libertà stanno insieme la dignità e la trascendenza dell’uomo. Ma in Italia la dignità è sparita, trascinata nei gorghi di un sistema che vorrebbe essere bipolare ed è fratricida, maggioritario ed è monarchico, si appella al popolo e lo tradisce, corrompe e diffama, riempie di beni i ricchi e ipoveri li manda a mani vuote. È la dignità che l’Italia ha perduto, sia all’interno, come figura pubblica della comunità nazionale, sia all’estero per il discredito guadagnato con il resto del mondo. Questa dignità noi ce la vogliamo riprendere, vogliamo ritrovarla nella Costituzione, restituirla alla politica, restaurarla nel Parlamento, difenderla nelle fabbriche, ridarla all’acqua e alla terra, rigenerarla nei giovani e metterla a fondamento della nostra Repubblica. Ed è proprio questo che non solo oggi, ma di qui in avanti noi vogliamo fare.


Raniero La Valle        2 ottobre 2010


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