Articoli marcati con tag ‘mercato’

TIZIANO TERZANI  (1938- 2004) AD ORIANA FALLACI (1929- 2006)

 

7 OTTOBRE 2001. LETTERA DA FIRENZE

Il Sultano e San Francesco

Non possiamo rinunciare alla speranza

 

Tiziano Terzani

Oriana, dalla finestra di una casa poco lontana da quella in cui anche tu sei nata, guardo le lame austere ed eleganti dei cipressi contro il cielo e ti penso a guardare, dalle tue finestre a New York, il panorama dei grattacieli da cui ora mancano le Torri Gemelle. Mi torna in mente un pomeriggio di tanti, tantissimi anni fa quando assieme facemmo una lunga passeggiata per le stradine di questi nostri colli argentati dagli ulivi. Leggi il resto di questo articolo »

In vista del quarantennale della sua morte violenta, lunedì prossimo, Pier Paolo Pasolini è stato tirato fuori dai cassetti con largo anticipo in una profluvie di iniziative: si sa come avviene ormai nei media, bisogna bruciare i concorrenti sullo scatto di memoria e così tutto avviene prima. Si è detto e scritto più dell’assassinio del poeta, che di lui e delle sue opere. Normale: il primo è ancora nebuloso, le seconde sono lì a disposizione in ogni momento, non è l’anniversario che le espone. Che omicidio è stato quello dell’Idroscalo? Una “semplice” faccenda da “marchettari”? Marchettari su commissione? Ed eventualmente “politica”? E da parte dei fascisti o del potere democristiano generico e specifico attaccato nei suoi scritti da Pier Paolo? Oppure (cfr. il suo amico pittore Zigaina) un “suicidio per delega” in un contesto paleocristiano della psiche di Pasolini? Leggi il resto di questo articolo »

La sfiducia nella poltica indebolisce la forma di governo.Ecco l’analisi del nuovo saggio di Zagrebelsky.
È forse libera una società in cui tutti hanno il diritto di voto ma non lo esercitano?
Se ai cittadini si sostituiscono i consumatori finisce per prevalere il plebiscito del mercato.

IL LIBRO:  Anticipiamo una sintesi da:      Moscacieca di Gustavo Zagrebelsky   (Laterza, pagg. 114, euro 14).


Tra le tante insidie linguistiche che fanno presa nel nostro tempo c’è la “governabilità”, una parola venuta dal tempo dei discorsi sulla “grande riforma” costituzionale che hanno preso campo alla fine degli anni Settanta e, da allora, ci accompagnano tutti i giorni. Cerchiamo di rimettere le cose a posto, a incominciare dal vocabolario. I sostantivi e gli aggettivi modali in “…abilità”, “…ibilità”, “…abile”, “… ibile”, ecc. esprimono tutti un significato passivo: amabilità è il dono di saper farsi amare; invivibile è la condizione che non può essere vissuta; incorreggibile è colui che non si lascia correggere. Leggi il resto di questo articolo »

Tra politica ed economia il capitalismo è una fisarmonica
Pubblicato per la prima volta in Italia il saggio di Jean Baechler sulle origini del libero mercato nello spazio unificato della cultura europea

Spiegare per quale ragione a un certo punto della storia l’Occidente sia «decollato», ossia perché in una vicenda umana fatta di «società stazionarie» sia nato un piccolo nucleo di «società progressive» – per riprendere le parole del grande giurista inglese Henry Maine –, resta per storici, sociologi ed economisti una delle sfide intellettuali più importanti e affascinanti. Oltre ad avere uno straordinario rilievo storico, poi, a seconda di come la si scioglie la questione può anche cambiare il modo in cui affrontiamo i molti nodi oscuri del nostro tempo. Se sia inevitabile, possibile, o desiderabile, che il modello occidentale sia esportato in tutto il mondo. E, se è inevitabile o possibile e desiderabile, in quale modo se ne possano ammortizzare i costi enormi. Se il passaggio dalle società stazionarie alle progressive sia irreversibile – o se non ci sia invece il rischio che il progresso divori infine se stesso, creando un’instabilità tale da richiedere che si torni alla stasi. Leggi il resto di questo articolo »

Lo studio non è un’ombra che oscura il mondo, non è una crepa sul muro che incrina e abbuia la nostra gioia di vivere. È la leva con cui possiamo rivoluzionare la nostra vita.


Credevamo nell’immortalità. Una volta i grandi ci mettevano la vita per completare una sola opera, che magari vedeva la luce solo dopo la loro morte. C’erano progetti lunghi, che superavano il nostro limitatissimo tempo. Credevamo nell’immortalità, e questo ci toglieva la fretta, la smania di arrivare. Eravamo felici di non arrivare. Scrivevamo canzonieri lunghi una vita, dedicandoli a donne che erano morte da un pezzo.

Scrivevamo trattati, che radunavano in sé, e ordinavano, tutto lo scibile su un dato argomento. Scrivevamo, anche, a mano: scrivere a mano è lento, e quella lentezza favorisce i pensieri, li accompagna, li plasma meglio. Li rende più profondi, meno buttati li, estemporanei. Vedevamo le cancellature che è un po’ come rivedere le foto dei vecchi amici e fidanzati. È dare tempo all’immagine di noi, capire che siamo esseri stratificati, farciti di momenti diversi, e che la vita è un mutamento continuo, e volgersi a vedere le prime forme ci rassicura sulle future.

Il libro:   Paola Mastrocola, La passione ribelle , Ed. Laterza  2015, € 14,00 Leggi il resto di questo articolo »

L’EUROPA è un continente rimasto senza idee»: a lanciare l’allarme sul Financial Times è stato Edmund Phelps, Nobel per l’economia. Nel braccio di ferro sulle misure di austerità che hanno messo alla gogna la Grecia (e domani altri Paesi), la parola “creatività” non ricorre mai. La stagnazione delle economie nazionali, il Pil che da anni, quando va bene, sale (come in Italia) di qualche misero decimale: in questo gioco al massacro entrano le borse, i mercati, la troika, l’invadenza tedesca, le influenze americane o asiatiche. Ma che vi sia un qualche rapporto fra creatività ed economia non viene mai in mente. Secondo Phelps, «gli italiani trovano del tutto accettabile che la loro economia sia quasi del tutto priva di innovazioni autoctone da vent’anni, e sia capace solo di reagire alle forze del mercato globale, come se una nazione non avesse bisogno di dinamismo per essere felice». Leggi il resto di questo articolo »

L’intervento a La Milanesiana torinese dello scrittore greco Petros Markaris “Viviamo in un mondo ossessionato dal denaro e dalla quantità”.

Qual è la maggiore mania del nostro tempo? Il denaro. La nostra vita ruota intorno al denaro. In Paesi come la Grecia, il denaro si identifica con il consumo. Nel Paesi dell’Europa centrale e settentrionale con l’investimento. In entrambi i casi la leva principale della società è il denaro. Il sistema che governa il mondo possiamo chiamarlo globalizzazione, neoliberismo, sudditanza dell’economia ai mercati: in ogni tutti e tre i casi il nucleo sta nella mania del denaro. Leggi il resto di questo articolo »

Dove il mercato è abbandonato alle proprie leggi interne, conosce unicamente riguardi per la cosa concreta, non per la persona, non conosce obblighi di fratellanza o di pietà, né alcuna delle spontanee relazioni umane che connotano le comunità personali.

M. Weber (1864- 1920), La comunità di mercato

 

vedi: Vivere in un mondo non di cittadini, ma di consumatori

Tentazioni, consumo, mercato e religione

Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fìsica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore.

Karl Marx,  Miseria della filosofia, 1847

 

VEDI:  Pensiero Urgente n.194)

Vivere in un mondo non di cittadini, ma di consumatori

I numeri non contano la felicità

La globalità della corruzione

Un sottile filo collega gli arresti di «Mafia capitale» di giovedì scorso e le sanzioni – per complessivi 12,5 miliardi di dollari – comminate poche ore prima, da un tribunale canadese a tre «grandi» del tabacco mondiale per aver occultato gli effetti nocivi del fumo. Unisce altri arresti italiani recenti, quelli per manipolazione delle partite in Lega Pro e in Serie B, i 5,6 miliardi di multa patteggiati, anch’essi recentemente, da sei grandi banche internazionali per aver manipolato le quotazioni dei mercati mondiali dei cambi, l’inchiesta sulle tangenti Fifa per i campionati mondiali di calcio e tanto altro ancora. Questo filo sottile che avvolge sia affari di quartiere sia affari del pianeta, si chiama disonestà: dobbiamo riconoscere che una disonestà diffusa e persistente caratterizza l’attuale fase del capitalismo globale. Leggi il resto di questo articolo »

Da quando la crisi ha colpito l’Europa, siamo abituati a dire che l’Unione ha usato la Grecia come cavia. L’animale da esperimento andava sottoposto a una terapia intensiva di austerità, e la cura doveva essere somministrata da un potere oligarchico – la troika – che in parte si spacciava per europeo e addirittura federale, in parte includeva il Fondo monetario ed era quindi internazionale. L’esistenza di un laboratorio greco è pienamente confermata dal negoziato che Svriza ha avviato con l’Unione e il Fmi da quando ha vinto le elezioni del 25 gennaio. È venuto tuttavia il momento di andare più a fondo nell’analisi. Dobbiamo capire la genesi dell’esperimento in corso da cinque anni, e quel che ci dice sull’Europa e sulle finalità del test. Lo scopo comincia infatti a essere chiaro: un’oligarchia tecnico-politica sta usando la Grecia per accrescere il proprio potere disciplinatore nell’Unione, e ciò avviene collaudando un preciso modello di democrazia, de-costituzionalizzata e de-parlamentarizzata. Di questa de-costituzionalizzazione dobbiamo parlare, altrimenti non capiremo come mai gli sperimentatori continuino ad affermare che l’esperimento è stato non solo necessario ma addirittura efficace, pur sapendo che l’efficacia è più che dubbia e che l’Unione è in frantumi. Il Fondo monetario per primo ha confessato nel 2013 di aver mal calcolato gli effetti dell’austerity su crescita e occupazione. Leggi il resto di questo articolo »

Dalla Bibbia a Lacan. I nuovi idoli nascosti nei nostri desideri. Il saggio di Petrosino mette in discussione alcune analisi sulla società liquida di Bauman. Per Dostoevskij un uomo rimasto libero non ha altra cura che di cercare un essere cui inchinarsi. Il godimento compulsivo degli oggetti finisce per annientarci

IL nostro tempo ha sostituito al culto di Dio il culto degli idoli di cui il denaro è l’espressione più semplice e radicale in quanto rende possibile l’illusione che il suo possesso in grandi quantità consenta la realizzazione di una vita soddisfatta. Il Pasolini corsaro l’aveva indicata come una vera e propria “mutazione antropologica”: il monoteismo che sosteneva le società religiose e che affondava le sue radici nella potenza simbolica del Padre, ha lasciato il posto al politeismo del mercato e alle sue nuove divinitàAl verticalismo piramidale dell’ideologia patriarcale è subentrata la diffusione orizzontale dell’oggetto di godimento divenuto un idolo che ha trasformato l’uomo da “suddito” a “consumatore”. Leggi il resto di questo articolo »


Il teorico della decrescita felice contro le “follie dell’obsolescenza programmata” Così le strategie del consumismo alterano la nostra percezione del reale

Il brano che pubblichiamo in questa pagina è tratto dalla prefazione alla nuova edizione riveduta e ampliata del libro di Serge Latouche Usa e getta. per Bollati Boringhieri nella traduzione di Fabrizio Grillenzoni,  € 15

 

Come provare, nel caso di un oggetto complesso, che abbia subito l’introduzione deliberata di un pezzo difettoso allo scopo di costringere l’utilizzatore a comprare un nuovo apparecchio? Le lobby industriali, soprattutto quelle degli apparecchi elettrici ed elettronici, particolarmente nel mirino, non hanno del tutto torto quando sostengono che l’obsolescenza programmata intesa come complotto o sabotaggio non esiste. Indubbiamente, sostengono, la vita degli apparecchi è limitata, ma ciò corrisponde al desiderio dei consumatori, la maggior parte dei quali non aspetta la morte dell’oggetto per comprare un nuovo modello. Leggi il resto di questo articolo »

Il Partito Democratico ha deciso di riformare la Costituzione della Repubblica Italiana da solo. Il compito è stato facilitato dall’Aventino delle opposizioni e si giustifica con la certezza del suggello plebiscitario che verrà (detto impropriamente “referendum” dalla Costituzione del 1948). La strategia e il processo di riforma suggeriscono il carattere del nuovo sistema istituzionale che questi cambiamenti disegnano: una democrazia cesaristica (che sarebbe piaciuta a Sieyès e Schmitt e per nulla a Condorcet e Kelsen). Leggi il resto di questo articolo »

Nel 1998 il presidente della Bundesbank Hans Tietmeyer descrisse i due «plebisciti» su cui poggiano le democrazie: quello delle urne, e il «plebiscito permanente dei mercati». La coincidenza con l’adozione di lì a poco dell’euro è significativa. La moneta unica nasce alla fine degli anni ’90 senza Stato: per i mercati il suo conclamato vizio d’origine si trasforma in virtù. Le parole di Tietmeyer e i modi di funzionamento dell’euro segnano l’avvio ufficiale del processo che viene chiamato decostituzionalizzazione – o deparlamentarizzazione – delle democrazie. Leggi il resto di questo articolo »

Un club esclusivo di poche migliaia di persone, non elette democraticamente, che decide i destini di intere popolazioni, in grado di manipolare i mercati finanziari e di imporsi sulla politica e sugli Stati. Chi sono, come agiscono e quali obiettivi hanno i banchieri – i famigerati bankster - che guidano i giochi delle banche centrali e vivono sulle spalle della classe media e dei ceti più poveri? Il libro di Ciarrocca riesce a mappare il genoma della finanza mondiale attraverso la rete di società finanziarie e industriali che di fatto controllano l’economia mondiale, e ne denuncia la pericolosità. Ecco come i grandi istituti commerciali azionisti delle banche centrali, innanzitutto la Federal Reserve e la Bce, riescono a veicolare le informazioni e a tirare le fila del capitalismo mondiale. Il prezzo di materie prime, azioni, obbligazioni, valute, non è frutto di una contrattazione libera, quella è solo una messa in scena. La realtà è ben diversa: sono i bankster a condurre il gregge dei piccoli risparmiatori e dei contribuenti, complici le agenzie specializzate come Moody’s e Standard & Poor’s e i governi loro alleati, pronti a scaricare sulla collettività il peso delle crisi e l’onere di generare nuovo cash. Come uscirne? La proposta c’è, e l’autore ce la illustra. I cittadini sarebbero finalmente svincolati dai diktat della finanza, e i governi non dovrebbero più cedere il potere di creare moneta. Una rivoluzione dalla parte della gente che lavora e dell’economia reale. Leggi il resto di questo articolo »

Mi ha sorpreso, durante il viaggio americano di Renzi, leggere delle lodi e del compiacimento dedicati al primo ministro italiano da Marchionne, che intanto, per precauzione, ha portato via la Fiat dall’Italia. E ascoltare l’elogio di Renzi al “Made in Italy” della nuova azienda ex italiana, insediata a Detroit (Michigan), e intanto spiegare a Marchionne che in Italia solo i “poteri forti” si oppongono alla sua legge contro il lavoro detta “Jobs Act”. Evidentemente i poteri forti sono Landini e Camusso, Fassina e Cuperlo (con i loro miti ritocchi). E intanto Renzi stava festosamente accanto alla persona che ha sottratto all’Italia l’intera tassazione Fiat. C’è un insegnamento in questa serie di modesti eventi. C’è la storia del come si liquida l’uguaglianza, mito e fatti. Provo a raccontare. Leggi il resto di questo articolo »

La fase storica che stiamo sperimentando non può essere riassunta nella parola “crisi”, anche se si dice che è una crisi morale e di civiltà. E’ qualcosa di più radicale. Da una parte la cosiddetta “crisi” è l’esito non dico di un complotto vero e proprio, ma di un cinico progetto che si attua sulla scia di interessi og­gettivamente convergenti. Il progetto è ispira­to dal neoliberismo e punta alla sostituzione della democrazia politica orientata alla di­gnità e ai diritti umani con la megamacchina del mercato. L’oggettiva convergenza di interessi è quella che rende solidali tra loro le oligarchie finanziarie, le agenzie di rating, le banche centrali, il Fondo monetario internazionale, le oligarchie mediatiche e gli autocrati poli­tici, il ceto dei grandi managers, con il con­torno ideologico degli scribi contemporanei, rappresentato dagli economisti ortodossi di spicco, che orientano l’opinione pubblica, e dalle più illustri università private. Leggi il resto di questo articolo »

Da sempre, gli uomini avanzano rivendicazioni di libertà individuale ma anche di appartenenza collettiva. La democrazia, grazie alla sua natura mista, si sforza di preservarle entrambe. In passato, le cosiddette democrazie popo­lari – che ho conosciuto da giovane in Bulgaria – in nome dell’interesse collet­tivo nonlasciavano alcuna libertà all’individuo. Oggi le democrazie corrono il rischio contrario, vale a dire la tirannia dell’individuo che, in nome di una libertà assoluta e smisurata, sottomette tutta la vita sociale al dominio di un’economia regolata esclusivamente dalle leggi del mercato.

Tzvetan Todorov,  filosofo bulgaro, 2012

Vi è una soglia di diseguaglianza superata la quale le società allontanano le persone tra loro in maniera distruttiva, ne mortificano la dignità, e così negano il loro stesso fondamento che le vuole costituite da “liberi ed eguali”? Evidentemente sì, visto che Barack Obama, abbandonando i passati silenzi, è intervenuto su questo tema, sottolineando che diseguaglianze nei diritti, nel rispetto della razza, nel reddito mettono in pericolo coesione sociale e democrazia. La denuncia riflette preoccupazioni che hanno messo in evidenza come le diseguaglianze siano pure fonte di inefficienza economica. È all’opera una sorta di contro modernità, che contagia un numero crescente di paesi, e vuole cancellare l’“invenzione dell’eguaglianza”. Proprio questo era avvenuto alla fine del Settecento, quando le dichiarazioni dei diritti fecero dell’eguaglianza un principio fondativo dell’ordine giuridico, e non più soltanto un obiettivo da perseguire all’interno di un ordine sociale che trovava nella natura la fonte della solidarietà, affidata ai doveri della ricchezza, alla carità, a un ordine gerarchico intessuto di relazioni spontanee tra superiori e inferiori. Leggi il resto di questo articolo »

intervista a Michael Sandel*, a cura di Corrado Del Bò ed Eleonora Marchiafava

Basta che uno scambio di mercato sia libero e volontario perché nessuno possa opporvisi? Davvero  dobbiamo essere indifferenti rispetto al contenuto delle preferenze individuali, come il pensiero economico mainstream tende a ritenere? O ci sono beni che il denaro non deve poter comprare? E quali? Fino a che punto possiamo accettare che si spinga il potere del denaro? Quando, invece, abbiamo buone ragioni per evitare che un bene divenga merce? Quando, in breve, la morale deve dettare legge al mercato? A queste e altre domande prova a rispondere Michael Sandel, filosofo politico che insegna a Harvard, nel suo libro appena uscito per Feltrinelli Quello che i soldi non possono comprare (pp. 233, euro 22,00). Sono risposte che partono da esempi concreti: dalle celle più confortevoli per detenuti disposti a pagare un extra al bagarinaggio delle messe del papa, passando per il diritto di saltare le code (pagando, s’intende), la vendita di sangue, l’utero in affitto, i tatuaggi pubblicitari permanenti, l’esternalizzazione della guerra alle compagnie private, i futures sul terrorismo. E sono risposte che generano altri interrogativi, in una trama allo stesso tempo semplice e sofisticata che, alla fine, chiama il lettore a una pronuncia morale: è giusto che sia il denaro a decidere come distribuire un certo bene? Leggi il resto di questo articolo »

Trenta anni fa, Ernesto Balducci disse che le tre caravelle di Colombo erano tornate indietro. Era un modo di dire che Cristo è essen­zialmente Liberatore, e Liberatore dei poveri. La Teologia della Liberazione è un messaggio non solo per i poveri, ma anche per tutti coloro, che credenti e non credenti, che fanno parte di quella “cultura” occidenta­le che oggi è direttamente responsabile dei mali del mondo. E’ da qui che vengono le guerre, le distruzioni, la fame: dal mondo occidentale cristiano. E’ qui che si fabbricano le armi, e da qui che partono gli arerei che vanno a bom­bardare. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Dobbiamo sapere che non possiamo affrontare temi come la giustizia, l’uguaglianza, i diritti dei popoli se non cambiano radicalmente la nostra cultura.Noi abbiamo sempre pensato che il centro del mondo è l’io, il soggetto, e abbiamo proiettato questo concetto in tutte le strutture che abbiamo creato e imposto. Compresa la globalizzazione, apoteosi di un soggetto dominatore e unificante: il mercato. La volontà di soppri­mere 1′altro, l’incapacità di riconoscere la sua cultura, la sua storia, la sua religione, il suo diritto alla vita, è la conse­guenza diretta del culto dell’io. Leggi il resto di questo articolo »

Dove hanno sbagliato Mario Monti e il suo governo? Secondo Edward Luttwak, che si intende di cose italiane, Monti ha sbagliato perché invece di fare ciò che come tecnico poteva fare senza pagare pedaggi politici, come ad esempio ridurre drasticamente lo stipendio del capo della polizia che in Italia guadagna quattro volte di più del capo dell’FBI in America, e invece di fare qualche taglio salutare ai compensi sproporzionati di grandi funzionari e manager di Stato, si è messo in mente di rifondare la Repubblica e si è accanito su temi squisitamente politici e causa di sofferenza per tutti, come il regime delle pensioni e le modalità dei licenziamenti. A sua volta Obama ha lamentato che mentre la dottrina del rigore e gli interventi di sistema avranno effetti a lungo termine, è adesso che ci vogliono scelte di rilancio dell’economia e della fiducia. Insomma Monti non ha messo la tecnica al servizio della politica, ma ha messo la tecnica al posto della politica, nella presunzione sbagliata che i governi non debbano scegliere tra diverse alternative, ma solo applicare integralmente leggi incontestabili dettate dalla natura stessa delle cose, come sarebbero le leggi dell’economia, delle borse e dei Mercati. Leggi il resto di questo articolo »

Jeoffrey Geuens, professore incaricato presso l’Università di Liegi, autore di La Finance imaginaire. Anatomie du capitalisme : des «marchés financiers» à l’oligarchie, Aden, Bruxelles, 2011. (traduzione dal francese di José F. Padova). Spesso i socialisti europei denunciano con virulenza la finanza, che regna in modo assoluto sul globo e che converrebbe regolamentare in modo migliore. Inoltre bisognerebbe sapere di che cosa e di chi si parla, perché l’immagine incorporea dei «mercati» ha l’effetto di lasciare nell’ombra i beneficiari della crisi e delle misure di austerità in corso.

Passato dalla banca pubblica alla finanza privata, e da François Mitterrand a François Bayrou, Jean Peyrelevade spiegava nel 2005: «Il capitalismo non è più percepibile direttamente. (…) Rompere con il capitalismo è rompere con chi? Mettere fine alla dittatura del mercato, fluida, mondiale e anonima, è prendersela con quali istituzioni?» E questo ex direttore aggiunto del gabinetto del primo Ministro Pierre Mauroy conclude: «Marx è impotente in mancanza di un nemico identificato». Leggi il resto di questo articolo »

Appello alle comunità cristiane di Alex Zanotelli

In questo periodo quaresimale sento l’urgenza di condividere con voi una riflessione sulla ‘tempesta finanziaria’ che sta scuotendo l’Europa , rimettendo tutto in discussione: diritti, democrazia, lavoro….In più arricchendo sempre di più pochi a scapito dei molti impoveriti. Una tempesta che rivela finalmente il vero volto del nostro Sistema: la dittatura della finanza. L’Europa come l’Italia è prigioniera di banche e banchieri. E’ il trionfo della finanza o meglio del Finanzcapitalismo come Luciano Gallino lo definisce: “Il finanzcapitalismo è una mega-macchina,  che è stata sviluppata nel corso degli ultimi decenni, allo scopo di massimizzare e accumulare sotto  forma di capitale e insieme di potere, il valore estraibile sia del maggior numero di esseri umani sia degli eco-sistemi.” Leggi il resto di questo articolo »

Con il mercato, contro i lavoratori. Mentre il governo si appresta a riformare l’articolo 18, Mario Monti sposa il Marchionne pensiero: “Chi gestisce la Fiat ha il diritto e il dovere di scegliere per i suoi investimenti e per le sue localizzazioni le soluzioni più convenienti”. Parole che svelano l’illusione del governo “tecnico”. Ricordandoci la grande differenza che c’è tra politiche liberiste e liberali. A proposito della trattativa sull’articolo 18 (davvero un momento sempre più epocale per la storia dell’Italia e nei prossimi secoli si distinguerà ancora tra un prima e un dopo riforma dell’articolo 18!) Mario Monti ha detto alle parti sociali che tutti dovrebbero rinunciare a qualcosa. Teoricamente una richiesta di grande buon senso, di solito in una trattativa ci si comporta così; ma questo accade davvero solo se le parti del contratto/accordo sono in posizione paritaria, con uguali diritti e uguali doveri e se cedono cose comparabili. Leggi il resto di questo articolo »

Le mani della ‘ndrangheta sui cantieri Tav: la denuncia di Roberto Saviano è un grido d´allarme che costringe a ricondurre sul piano suo proprio, quello degli affari, ogni discorso sull´alta velocità. Gli affari sporchissimi (delle mafie) e quelli, si suppone puliti, delle imprese e delle banche. Ma che vi siano fra gli uni e gli altri intrecci e convergenze di interessi non occorre dimostrare. La storia del riciclaggio di denaro sporco di tutte le mafie, in Italia e fuori, semplicemente non esisterebbe, se non si fosse trovata ogni volta l´impresa “pulita” ma disponibile a trasformare capitali sporchi in condominii, alberghi, autostrade. Leggi il resto di questo articolo »

Dopo un ventennio in cui è stata bandita quasi fosse un’istanza utopica se non un intralcio all’opulenza oggi, sopraggiunta la crisi con un significativo aumento delle sue vittime, si invoca l’equità e se ne afferma la necessità, ci si appella alla giustizia e all’uguaglianza, salvo ribellarvisi quando queste chiedono sacrifici a tutti e non solo «agli altri». Ci rendiamo conto della barbarie che abbiamo voluto accogliere, dello scadimento cui abbiamo abbandonato tanti valori necessari alla semplice convivenza civile? Leggi il resto di questo articolo »

«Il P.I.L. misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Può dirci tutto sul nostro Paese, ma non se possiamo essere orgogliosi di esserne cittadini». Mi viene spontaneo tornare al discorso che Robert Kennedy pronunciò all’Università del Kansas nel marzo 1968 – solo tre mesi prima di essere assassinato – ogni volta che sento parlare di manovre fiscali, crescita economica, sviluppo sostenibile, deficit pubblico… Sì, perché credo che siano argomenti che non riguardano solo politici ed economisti. Ma argomenti che dovrebbero aprire la riflessione alla qualità della nostra vita quotidiana e della convivenza nella società civile. E tematiche di questo genere dovrebbero essere affrontate con uno sguardo più ampio, non limitato a facili contrapposizioni tra economia di mercato e stato sociale o improbabili alternative secche tra crescita dei consumi e povertà incombente. In particolare, varrebbe la pena di riscoprire la valenza di uno stile di vita e un atteggiamento nei confronti dei beni materiali e del loro uso che – come ha osservato il cardinale Tettamanzi – è «segno di giustizia prima ancora che di virtù»: la sobrietà. Leggi il resto di questo articolo »

Può apparire inopportuno parlar di Natale sul manifesto, disteso com’è nella vignetta di Vauro sul lettino di rianimazione, moribondo per i colpi di Babbo letale Tremonti. Ma non è affatto inopportuno. Perché Natale vuol dire «rinascita» oltre ogni speranza: dal «no future» al «new future». Leggi il resto di questo articolo »

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