“Il Nobel per la pace non è andato a Trump che ha armato e difeso i carnefici del genocidio del secolo fino all’altro ieri, ma nemmeno ai bambini di Gaza.

A quelli sterminati dal regime sionista e a quelli mutilati che gioiscono timidamente per la tregua.

Magari riusciranno a mangiare decentemente e ritrovare barlumi di speranza in quell’inferno. Ma le buone notizie finiscono qui.

Tutte le campane concordano che si tratta di un accordo ridicolo che non risolve nulla, la solita pagliacciata narcisistica di Trump anche se perlomeno sospende il genocidio e smuove le acque torbide.

Se il regime sionista ed Hamas hanno firmato una tregua, è perché conveniva ad entrambi.

Trump è parte integrante del conflitto, nonché il burattino di turno della lobby sionista che solo qualche settimana fa ha approvato altri miliardi di aiuti militari e finanziari a quel maniaco omicida di Netanyahu…” (Tommaso Merlo)

(continua la lettura qui:  La tregua a Gaza e la via d’uscita

 

Rileggete qui:  Un piano di non pace.

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Gaza: accordi di PACE?

Matteo Saudino

Ascolta e vedi qui:  Gaza, accordi di pace?

 

“Hamas ha ancora consenso? La vera domanda è cosa pensano i palestinesi dell’occidente”

Alessandro Orsini

Ascolta e vedi qui:   Palestinesi ed occidente

 

 

 

Il giorno dopo

Concluso lo show più inconcludente e ridicolo degli ultimi decenni, con una ventina di leader mondiali accorsi a Sharm el Sheikh a fare da comparse nello spettacolo di Trump, ma senza i due veri protagonisti (Israele e la Resistenza palestinese), la questione all’ordine del giorno è ovviamente cosa accadrà a riflettori spenti.

Rispondere a questa domanda richiede preliminarmente capire quali sono le ragioni che hanno portato all’accordo. E innanzitutto va detto che, quanto c’è nel cosiddetto ‘piano dei 20 punti’, conta meno della carta su cui è scritto. E di questo sono consapevoli tutti.

Lo stop al conflitto – la tregua, quindi, non certo la pace – si deve essenzialmente al fatto che Israele si è dimostrato incapace di conseguire gli obiettivi politici e militari, ma ha in compenso prodotto un’ondata di isolamento internazionale senza precedenti, tale da rimettere in discussione – forse per la prima volta in ottant’anni – la stessa esistenza dello stato ebraico; un ondata che si è risentita particolarmente negli Stati Uniti, andando a toccare anche la base elettorale di Trump – che già non gode di un grande consenso nel paese.

Dunque la tregua risponde alla necessità statunitense (e israeliana) di non proseguire su una strada rivelatasi infruttuosa.  Dal punto di vista della Resistenza, invece, la scelta di rispondere positivamente al ‘piano’ nasce fondamentalmente da alcune considerazioni strategiche…

Continua la lettura qui: Il giorno dopo

 

 

Né Israele né Hamas hanno firmato un cessate il fuoco tra Israele e Hamas, ma a Trump non importa

Pace “storica” ​​a Gaza: gli esperti occidentali mettono in guardia dall’ottimismo prematuro.
Durante un briefing al “vertice di pace” in Egitto, Donald Trump ha sostanzialmente annunciato una nuova guerra tra Palestina e Israele.

Questo è accaduto dopo che un giornalista della CNN ha chiesto al presidente americano: cosa succederà ad Hamas se si rifiuta di disarmare completamente o di rinunciare alla sua influenza nella Striscia di Gaza.

Si trovano di fronte a un “annientamento totale”, ha dichiarato Trump senza battere ciglio. Non ha nemmeno considerato cosa significasse: una rinnovata aggressione militare, ancora una volta volta a distruggere Hamas. Anche se due anni di guerra nella Striscia di Gaza avrebbero dovuto convincere Israele e gli Stati Uniti che Hamas è indistruttibile.

Non è un caso che né Hamas né Israele abbiano partecipato alla firma dell’accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Al vertice di Sharm el-Sheikh, l’accordo è stato firmato dai mediatori: i leader di Egitto, Qatar, Stati Uniti e Turchia….

Continua la lettura qui: Ne’ israele ne’ hamas hanno firmato

 

 

 

Trump: tra pax americana e venti di guerra

E’ esplosa la pace o una virtuale pax americana? Con una tregua in realtà assai precaria, spacciata mediaticamente per pace, l’Occidente celebra se stesso.

Trump, con l’acclamazione a lui tributata dai suoi vassalli occidentali, è l’eroe di una pace millantata a livello globale, ma spacciata per tale, al fine di esorcizzare le proprie responsabilità sul genocidio di circa 68.000 palestinesi, perpetrato da Israele, ma reso possibile dal sostegno bellico fornitogli dagli USA e dagli alleati europei.

I protagonisti del genocidio, diretti e indiretti, si autoassolvono quindi mediante l’oscuramento mediatico dell’eccidio.

E’ altresì assurdo ritenere che le proteste di massa contro il genocidio israeliano possano essere state determinati nell’incipiente processo di pace in Medio Oriente. Questo piano di pace è stato concordato unilateralmente da Trump e Netanyahu, due leader non certo sensibili ai sentimenti umanitari delle opinioni pubbliche occidentali, il cui impatto sulle vicende politiche mediorientali è pari a zero.

Con la pace trumpiana assistiamo alla redenzione dell’Occidente: viene esaltata la pax americana e verrà ripristinata la religione olocaustica che incombe sull’Occidente, una volta assolto Israele dai crimini di Netanyahu, qualora venisse destituito.

Il suprematismo occidentale si converte in umanitarismo democratico, con l’invio di aiuti ai gazawi e con l’imminente ricostruzione di Gaza, un grande business immobiliare patrocinato da Tony Blair & C….

Continua la lettura qui:  La pax americana

 

 

 

Le pagliacciate che alimentano il neocapitalismo

Sembra un dettaglio ma è essenziale.

Il neoliberismo e la finanza sono ormai padroni dei media e delle coscienze nonché di tecnologie opprimenti ma tollerate se non desiderate; i tre decenni più ingloriosi della storia del mondo gli hanno permesso di conquistare non solo il potere ma anche un’egemonia assoluta: qualsiasi stronzata che introducono viene istantaneamente introiettata, acriticamente, come una necessità.

Così la gente (non più popolo) si è convinta sia che non ci sia niente da fare, sia che il coraggio uno non se lo può dare (le due convinzioni sono in effetti una sola). In queste condizioni qualsiasi tentativo di contrastare il neocapitalismo frontalmente sarebbe catastrofico….

Continua la lettura qui: Nobel e pagliacciate

 

 

 

Il Nobel “per la pace” si conferma un metodo di finanziamento degli agenti della CIA

María Corina Machado* non ha vinto un premio per la pace: ha vinto il Nobel per la fedeltà alla CIA.

Educata negli USA, formata a Yale nel vivaio dei futuri leader filo-occidentali, finanziata dal NED e ricevuta da Bush alla Casa Bianca, la “Iron Lady” venezuelana è da vent’anni il più servile maggiordomo di Washington in Sudamerica.

Ha invocato sanzioni, golpe e “coalizioni internazionali di forza” contro il suo stesso paese, stretto un patto col Likud e chiesto apertamente che gli USA “liberassero” il Venezuela (come i cloni in Georgia, Ucraina, Moldavia e altri luoghi, la guerra civile è un’opzione che abbraccia in totale sintonia con i danti causa forestieri.

La sua idea di pace coincide con la “Pax Americana”: privatizzazioni, sottomissione e obbedienza agli interessi stranieri. Premiarla significa consacrare il Nobel come un marchio di guerra umanitaria, assegnato a chi serve l’impero.

Del resto, quel premio non è mai stato universale: è la reliquia di un’Europa atlantista, di un comitato norvegese che rispecchia la politica della NATO. Un fossile lucido di un’epoca tramontata.

Pino Cabras, 13/10/2025   ( fonte blondet)

 

 

 

 

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