E se? E se Matteo Salvini non stesse trasformando gli italiani a sua immagine a colpi di tweet, ma inseguisse lui la maggioranza degli italiani?

Se alla maggioranza del famoso popolo piacesse davvero fare selfie mandando baci e mangiando Nutella, sognasse di stare sulla spiaggia a torso nudo con le cubiste, vagheggiasse un giro sulla moto d’acqua della polizia (dove la cosa imbarazzante non è la polizia, ma la moto d’acqua) e non disdegnasse di tenere la pistola sotto il cuscino?

Se la flat tax, in attesa che diventi legge, se la praticasse già in versione fai-da-te? Se non ne potesse più di vedere migranti abbandonati all’accattonaggio e alla disperazione?

E se fosse proprio questo il gap antropologico tra S. e B.? Come vaticinato da Pasolini in tempi non sospetti (ma esistono tempi non sospetti?), Berlusconi ha veramente omologato il paese attraverso il controllo dei media.

In Italia fino agli anni Settanta esistevano una letteratura, un cinema, una musica, una politica; da trent’anni tutto passa dalla Tv e dalla rete, la sua serva padrona.

E i radical-chic non rompano; la videocrazia se ne frega delle ideologie, non fa prigionieri, fa solo Vip. E se S., come già R., fosse il figlio anagrafico e l’erede sottoculturale di questa italietta da talk-show?

Se non fosse l’Uomo Forte, ma l’eterno Uomo Furbo al passo coi tempi? E se l’Uomo Furbo non desse ordini al popolo bue, ma prendesse lezioni? E se illudersi del contrario significasse scavarsi la fossa?

Nanni Delbecchi       Il Fatto   9 agosto 2019

 

 

Il nuovo linguaggio di chi comanda (ora)

Il regime del “cambiamento” ha portato, come promesso, una rivoluzione. È una rivoluzione del linguaggio, è stata profonda, estesa e sarà difficile da sradicare persino se questa strana associazione di non valori dovesse davvero dissolversi.

Si tratta di una serie di variazioni della lingua che descrivono in modo alternativo la realtà (celebrazione della fine mai avvenuta della povertà, da un balcone di Palazzo Chigi) oppure interpretano in modo irreale gli eventi (quando tutto il governo si era dichiarato corresponsabile del “Sequestro di persona”, imputato a Salvini da una Procura della Repubblica, dopo il prolungato impedimento all’approdo della nave militare italiana Diciotti, che aveva salvato migranti in mare) mentre era noto e pubblico che Salvini non si era consultato con nessuno.

Anche la dichiarazione “porti chiusi” è stata lasciata proclamare al ministro dell’Interno (che non ne ha da solo l’autorità), senza che alcuna istituzione notasse il furto di potere, di deleghe e la sovrapposizione arbitraria alle funzioni del presidente del Consiglio. Nessuno poi ha voluto notare l’arbitraria dichiarazione di chiusura dei porti come fatto legale e irreversibile in un Paese tutto mare, coste e porti, ovvero una decisione contro la natura e la storia del Paese, oltre che contro la Costituzione, le leggi e i trattati internazionali. Perché stiamo parlando non di visti, ma di soccorso in mare.

Un altro cambiamento radicale , che trasforma l’intero discorso politico, ma anche il lessico del normale parlare e spiegare, è lo scambio fra la parola “migrazione”, che vuol dire fuga per salvarsi, e “sicurezza”. Il cambio di parole significa che salvare non è aiuto per gli altri ma pericolo per noi, proprio mentre l’Italia è fornitrice di armi per le guerre che portano alla fuga, sponsor di un feroce e irrisolvibile conflitto in Libia, di cui siamo fornitori (di armi, di istruzioni militari, di motovedette anti-migranti), e siamo soci in affari (petrolio).

Questo cambio di linguaggio che celebra il lasciar morire in mare, un atteggiamento che cancella la civiltà di un Paese (ma c’è anche chi esige senza vergogna l’affondamento immediato di una nave che ha salvato qualcuno) è uno sfregio alla storia italiana che, d’ora in poi, porterà su di sé il marchio di morte dei nuovi protagonisti e dei personaggi che, fra confusione e illegalità, tuttora governano, come il ministro ex ministro dell’Interno, come il suo capo che non condivide ma non lo dimette.

Qui vi rendete conto che avete a che fare con il linguaggio di una “legge” detta “Sicurezza Bis”. In essa tutto è falso nelle premesse (ovvero i fatti che giustificherebbero le misure giuridiche) e tutto è illegale, incostituzionale e opposto ai trattati che vincolano ogni Paese civile, incluso il nostro, quanto alle “disposizioni di legge”.

Le punizioni sono talmente enormi (lo ha osservato con celata sorpresa il capo dello Stato) da far pensare a un tetro gioco della paura che non ha niente a che fare con le nostre istituzioni, ma rappresenta e scrupolosamente accetta con obbedienza le strane leggende sul complotto di Soros che organizza, attraverso persone pretenziose come Carola e probabili trafficanti di esseri umani come Medici senza Frontiere, la sostituzione de i bianchi operosi e attivi, con i negri dei vizi e degli stupri, che vengono mantenuti a “spese degli italiani”. Qui entra in scena uso mai avvenuto prima di parole chiave del discorso politico. Perché gli africani devono morire in mare prima di raggiungere le nostre coste? Perché lo vogliono e lo chiedono gli italiani.

Sì, ti dicono esattamente così: gli italiani. Coloro che sostengono la politica della eliminazione e della morte di coloro che pretenderebbero di diventare cittadini, sono gli italiani.

Quali italiani? Tutti gli Italiani. Non li vedete sulle spiagge, dove gli italiani si radunano per festeggiare il capo orda, in tenuta da spiaggia (se non è in divisa da poliziotto) nelle feste dove si celebrano nuovi sgomberi, ovvero andare in forze, di notte, a buttar fuori di casa la gente senza casa così che, se non si è perduta in mare, si perda almeno nelle strade delle città che non li vogliono.

Il bambino rom Rayane

Non dimenticate. Ogni cosa che fanno è al servizio e per ordine degli italiani.

Si intende che chi si oppone è fuori, non è italiano, è anti-italiano, nemico degli italiani, nemico dei confini, dei porti chiusi, del blocco navale e dei complotti (dell’Europa, dell’euro, dell’ebreo George Soros) contro l’Italia che ha pronti tanti progetti e tanto lavoro, se l’immigrazione e tutto quello che spendiamo per gli stranieri non lo impedisse.

Ricordate il bambino rom Rayane che portava un pacco di libri mentre lo cacciavano di casa a Primavalle, una notte di giugno? D’ora in poi, per tutti quelli di noi che non vogliono essere gli italiani di Salvini (leader della nazione dopo aver messo il tricolore nel cesso secondo il comando di Bossi) quel bambino deve diventare il simbolo di tutto ciò che resta di una devastata civiltà italiana.

Furio Colombo        Il Fatto   18 Agosto 2019

 

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