Un semplice, breve telegramma che Goffredo Mameli inviò a Mazzini ( che viveva a Firenze sotto il falso nome di Felice Casali) verso le due del mattino del 9 febbraio 1849. Un breve, stringato ma esaurientissimo telegramma che fa stringere il cuore: Roma è Repubblica! Dopo mesi di faticosi ma vivacissimi e partecipati incontri, convegni, dibattiti, assemblee per i teatri o altri locali di Roma la Repubblica Romana nasceva ufficialmente nel Palazzo della Cancelleria dove si riuniva l’Assemblea Costituente eletta in gennaio.

Il palazzo era circondato da una folla enorme, entusiasta, festante. Nell’aula principale di quel Palazzo, immagine del potere pontificio e della sua burocrazia, viene votato il Decreto fondamentale che dà inizio ad una Repubblica che meravigliò tutto il mondo e divenne un segno di speranza per tutti coloro che aspiravano ad una vita più giusta, più democratica, più libera e responsabile.

Per coloro che aspiravano alla nascita di un’Italia senza Re, Papi-re o imperatori, ma centrata sul popolo, sui suoi diritti e sui suoi doveri. L’Assemblea Costituente romana riunita nel Palazzo della Cancelleria era stata prefigurata, fin dal 12 gennaio, anche come Assemblea Costituente Italiana, auspicando concretamente qualcosa che ancora, in quel 1849, sembrava lontanissimo.

Roma voleva essere e diventava una speranza per se stessa e per un’Italia che ancora non esisteva ma era nel cuore di tanti.

A leggere il Decreto Fondamentale oggi, dopo 164 anni, il nostro cuore di poveri italiani del 2013 si stringe melanconicamente:

 

Decreto fondamentale della Repubblica Romana

Art. 1: Il papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato Romano.

Art. 2: Il Pontefice Romano avrà tutte le guarentigie necessarie per l’indipendenza nell’esercizio della sua potestà spirituale.

Art. 3: La forma del governo dello Stato Romano sarà la democrazia pura e prenderà il glorioso nome di Repubblica Romana.

Art. 4: La Repubblica Romana avrà col resto d’Italia le relazioni che esige la nazionalità comune.

Assemblea Costituente Romana. Roma, 9 febbraio 1849. Un’ora del mattino.
Il Presidente dell’Assemblea G. Galletti

 

A leggere l’articolo 2 della Costituzione della Repubblica che verrà approvata il 3 luglio, con i Francesi invasori in nome di Pio IX in casa, il cuore si stringe ancora di più:

“Il regime democratico ha per regola l’eguaglianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta”.

Poi, leggendo ciò che Mazzini scriveva in quegli anni, la sua visione di una Repubblica che volle realizzare, insieme con Garibaldi, Mameli ed altri straordinari patrioti/e, conosciuti o sconosciuti in quella Roma del 1849, il cuore nostro di poveri italiani di oggi ha una stretta definitiva:

“La Repubblica è anzitutto principio d’amore, di maggior incivilimento, di progresso fraterno con tutti e per tutti, di miglioramento morale, intellettuale, economico per l’universalità dei cittadini. E’ il principio del bene su quello del male, del diritto comune sull’arbitrio di pochi, della Santa Eguaglianza sul Privilegio e il Dispotismo.”

Insomma, una Repubblica dove salvare i valori morali era la prima, assoluta cosa da fare, da vivere. Dove salvare la dignità e la responsabilità dei cittadini, i loro diritti e i loro doveri, era lo scopo fondamentale. Così pensarono anche molti uomini della Resistenza di fronte alle macerie d’Italia dopo la seconda guerra mondiale: la Repubblica Romana del 1849 fu per loro un modello da imitare e attualizzare. Ma venne un’altra “cosa” che di Repubblica ha solo il nome. Una Repubblica di nani, ballerine, caste, corrotti, mafie, clericali, politicanti, servi e milioni d’indifferenti dove i pochi uomini/donne degni di questo nome hanno vita difficile, molto difficile.

Il nostro cuore ormai “strizzato” ( ma non so per quanti di coloro che leggono queste poche righe…) ha, allora, come un desiderio, un desiderio di non voler dimenticare, un desiderio di resistere.

Ha come un desiderio che arrivi un giorno un telegramma, scritto da un altro Mameli, ai pochi che ancora davanti al 9 febbraio hanno un’emozione interiore, profonda. Il desiderio che arrivi un telegramma che dica finalmente:


Italia Repubblica, venite!

 

 

 

vedi:

Il compleanno di una Repubblica.

9 febbraio 2012. La Repubblica Romana 163 anni dopo...

12 gennaio 2012. La Repubblica in un Teatro.

6 marzo 2011. Una Repubblica e l’Italia in un albergo.

6-13 febbraio 2011. Una settimana repubblicana.

12 gennaio 2013. Chi ricorda cosa?

 

 


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