Intervista al filosofo Giorgio Agamben.  Siamo sequestrati nelle nostre case proprio dai responsabili di questo disastro.

Giorgio Agamben, filosofo, assieme a Vittorio Sgarbi è una delle poche voci della cultura italiana critiche verso gli arresti domiciliari degli italiani, causa coronavirus, e verso la sospensione delle loro libertà per decreto. Noi de “Il Tempo” lo abbiamo intervistato.

Giorgio Agamben

L’Italia ormai è un paese governato dai virologi, la politica ha delegato ogni responsabilità alla scienza, causa coronavirus. Le pare normale?

«La scienza è diventata la religione del nostro tempo, ciò in cui gli uomini credono di credere e, come avviene in ogni religione, il confine che la separa dalla superstizione è molto sottile. Se ho detto ‘credono di credere’ è perché ciò che la gente comune riceve dalla scienza è ancora più vago e approssimativo di quello che i bambini ricevevano dal catechismo.

Chiunque abbia qualche nozione di epistemologia non può, ad esempio, non essere sorpreso dal modo in cui vengono fornite le cifre dei decessi, non soltanto senza metterle in rapporto con la mortalità annua nello stesso periodo, ma senza nemmeno precisare le cause effettive della morte. In ogni caso affidare decisioni che in ultima analisi sono politiche a dei medici e a degli scienziati è estremamente pericoloso.

Gli scienziati perseguono i loro fini, giusti o sbagliati che siano, e non sono disposti a fermarsi per considerazioni di ordine etico, giuridico o politico. Devo ricordare che scienziati considerati all’epoca assolutamente seri hanno approfittato dei lager nazisti per poter eseguire esperimenti letali che non era possibile eseguire altrimenti su esseri umani e che essi ritenevano di dover fare nell’interesse della scienza? Come spiegare altrimenti che un virologo che ha delle gravi responsabilità nella situazione che si è creata in Italia abbia potuto proporre che tutti gli individui sani positivi al covid-19 siano sequestrati dalle loro abitazioni e chiusi in qualcosa che non si può definire altrimenti che in celle di isolamento?

È possibile che non si renda conto di stare violando in questo modo non soltanto tutti i principi della nostra Costituzione e del nostro ordinamento giuridico, ma anche la semplice umanità? E come è possibile che non vi sia nessun giurista e nessun giudice che abbia levato la sua voce per ricordarglielo».

 

Come è potuto accadere quello che stiamo vivendo, la sospensione delle libertà ed il vivere nella paura? Solo per il terrore di morire?

«In verità noi siamo abituati da decenni a vivere in un perpetuo stato di emergenza. Come lei sa, i decreti di urgenza, di cui si è servito il governo, sono nel nostro paese il sistema normale di legislazione, attraverso il quale il potere esecutivo si è sostituito al potere legislativo, abolendo di fatto quella divisione dei poteri che definisce la democrazia. In questo caso, il terrore irresponsabilmente sparso dai media è stato uno dei fattori determinanti.

L’altro è la trasformazione della rappresentazione del nostro corpo per effetto della medicalizzazione crescente. La scienza ci ha abituati da tempo a scindere l’unità della nostra esperienza vitale, che è sempre insieme corporea e spirituale, in una entità puramente biologica da una parte e in una vita affettiva, culturale e sociale dall’altra. Si tratta di un’astrazione, ma di un’astrazione che la scienza moderna ha realizzato attraverso i dispositivi di rianimazione, che, come lei sa, possono mantenere anche a lungo un corpo in uno stato di pura vita vegetativa.

Quello che sta avvenendo oggi è che questa condizione, che ha senso solo se rimane nei limiti spaziali e temporali che le sono propri, è uscita dalla camera di rianimazione per imporsi come una sorta di principio di organizzazione sociale. Più in generale, credo che quello che la situazione che stiamo vivendo ci fa toccare con mano è che la nostra società era malata non in senso medico, ma umanamente e politicamente e che da qualche parte, senza rendersene conto, lo sapeva. Solo questo può spiegare che milioni di uomini abbiano accettato di sentirsi appestati. Evidentemente, in un altro senso, lo erano veramente».

 

Il filosofo francese Michel Foucault aveva messo in guardia, nei suoi scritti, sul potere della scienza: non crediamo più in Dio e crediamo nei virologi?

«La Chiesa, trasformandosi in una ancella della scienza, ha tradito i suoi principi essenziali. Ha dimenticato che Francesco abbracciava i lebbrosi, che visitare gli ammalati è una delle opere della misericordia, che lasciar morire degli uomini senza i funerali è inumano, che i sacramenti si possono conferire solo in presenza».

 

Il fatto che non ci sia una fine a questa emergenza, perlomeno una fine indicata dalla politica che per decreto ha sospeso le nostre libertà, non mette a rischio la democrazia?
«La democrazia non è a rischio, si è già da tempo trasformata in qualcosa che i politologi americani chiamano Security state, in cui ogni esistenza politica diventa di fatto impossibile e, attraverso l’onnipervasiva dizione’per ragioni di sicurezza’, siamo stati gradatamente abituati a rinunciare alle nostre libertà.

Una situazione come questa che stiamo ora vivendo non fa che spingere all’estremo dispositivi di controllo che erano già presenti e che ci faranno apparire come innocenti i dispositivi degli stati totalitari, che del resto, com’è avvenuto per la Cina, vengono additati a modello. Occorre che la gente si renda conto che misure di controllo come esistono oggi non sono esistite sotto il fascismo.

Ed è chiaro che non si tratta di un’emergenza temporanea, dal momento che le stesse autorità che ora ci impediscono di uscire di casa, non si stancano di ricordarci che anche quando l’emergenza sarà superata, si dovrà continuare a osservare le stesse direttive e che il ‘distanziamento sociale’, come lo si è chiamato con un significativo eufemismo, sarà il nuovo principio di organizzazione della società.

Quella che si sta preparando è non una società, ma una massa disgregata i cui membri dovranno tenersi a distanza per evitare il contagio, ma di fatto per rendere impossibile non solo l’amicizia, l’amore e le altre relazioni umane, ma soprattutto quella che un tempo si chiamava la vita politica. Ma non si vede con quali dispositivi giuridici queste misure potranno essere imposte in modo stabile. Con uno stato di eccezione permanente?».

Massimiliano Lenzi       Il Tempo  17/4/2020


 

“Viviamo in una società profondamente dipendente dalla scienza e dalla tecnologia e in cui nessuno sa nulla in merito a tali questioni. Si tratta di una formula sicura per il disastro.”

Carl Sagan (1934- 1996), astronomo, astrofisico e astrobiologo

 

 

“Se questa scienza che grandi  vantaggi porterà all’ uomo, non servirà all’uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l’uomo.”

Giordano Bruno (1548- 1600), filosofo


 


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