Gli aiuti russi in Italia sul Coronavirus, il generale Kikot e i timori sull’intelligence militare in azione

Inchiesta La Stampa-Coda Story.

Tre fonti militari russe: è in corso una grande «raccolta di intelligence». Hamish De Bretton-Gordon: «Senza dubbio tra i militari inviati ci sono ufficiali del GRU». Il direttore dell’ospedale da campo di Bergamo: «Gli aiuti sono ben graditi ovviamente». Il controllo della narrativa da parte di media e video russi. Una conferenza stampa all’hotel San Marco dove le domande erano mal tollerate.

 

«È strano che siano stati schierati i russi. È vero che questo tipo di truppe di Mosca ha capacità di decontaminazione, ma anche gli italiani hanno questa capacità, e è più moderna. È molto strano e non torna – gli italiani sono in prima linea nella difesa delle armi chimiche e biologiche nella NATO e non hanno bisogno dei consigli dei russi – li vedremo nelle strade di Londra dopo?». Chi parla così a La Stampa in collaborazione con Coda Story è Hamish De Bretton-Gordon, ex comandante del Joint Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Regiment e del battaglione NATO Rapid Reaction, “CBRN”. Ma non è l’unica cosa che non torna, nella storia degli aiuti russi all’Italia le cui prime due puntate sono state raccontate da La Stampa nei giorni scorsi.

Da domenica 23 marzo hanno cominciato ad arrivare in Italia 15 aerei cargo Ilyushin russi, contenenti 22 camion militari e 122 uomini, più varie attrezzature. E non è finita: è stato stabilito un ponte aereo Italia-Russia, e la transizione di mezzi e materiali continuerà. Palazzo Chigi e il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri non avevano fornito il dettaglio degli aiuti, i russi –dopo un primo report della Stampa – hanno comunicato che si tratterà di 326mila maschere protettive, circa 600 ventilatori, uomini, due macchinari per analizzare 100 tamponi in due ore, un laboratorio NBC per disinfezione chimico batteriologica delle aree. I mezzi russi sono stati dispiegati nell’area di Bergamo, ma sono molte le cose che hanno suscitato perplessità e timori, in questa storia. La prima è che l’intera vicenda è stata gestita a livello personale dal premier Giuseppe Conte con Vladimir Putin, il che ha prodotto un certo disallineamento nel governo con i ministeri competenti, messi di fronte al fatto compiuto.

Oggi La Stampa e Coda Story sono in grado di raccontare altri elementi di preoccupazione, sia tra politici sia tra militari. Uno dei più seri riguarda la figura del comandante russo dell’operazione. Si chiama Sergey Kikot, e ha un passato notevole ma ingombrante. Un grande esperto britannico di intelligence russa e biografie militari – che ha chiesto l’anonimato per tutelare fonti in Russia – spiega che «è difficile ottenere informazioni sul generale Kikot ma ciò non dovrebbe sorprendere in quanto è il vice del generale Kirillov, il quale è responsabile delle armi biologiche russe, e questa è una delle parti più secretive del Ministero della Difesa russo. Ho il sospetto che presto troveremo di più su di lui dai media russi, ma finora sembra che solo a Kirillov sia permesso dire qualcosa».

Il nome di Kikot figura in passato in società legate al ministero della difesa, attive nel settore della produzione e riparazione di armi e attrezzature per la protezione chimica, radioattiva e biologica, e per lo stoccaggio di materiali pericolosi di classe I e II. Che sia esperto in materia, non sembra esserci dubbio. Nel suo passato recentissimo spicca un incarico politico di primo piano, in una vicenda controversa, che fu gestita direttamente dal Cremlino: Kikot, nel febbraio 2019 a L’Aja, presentò un dossier prodotto assieme ad altri esperti russi che puntava a scagionare Bashar Assad dall’accusa di aver usato armi chimiche sui civili a Duma, e avvalorando la teoria che l’attacco sui civili fosse stato inscenato. Sputnik riferì: «Non ci sono tracce di agente nervino organofosforo a Duma, in Siria, ha dichiarato Sergey Kikot, vice comandante delle truppe NBC (Nuclear, Biological, Chemical Protection, nda.)».

«Senza dubbio tra loro [tra i militari russi inviati in Italia] ci sono ufficiali del GRU» (il direttorato dei servizi segreti militari russi), dice con antica conoscenza della materia Hamish De Bretton-Gordon. «Vorranno scoprire il più possibile sulle forze italiane, stabiliranno reti di intelligence, ci sarà un’enorme quantità di attività in corso proprio ora». Sul coinvolgimento del GRU, e perché sia così sicuro supporre che il GRU sia coinvolto, osserva: «Tutto ciò che riguarda armi chimiche e biologiche, avviene in Russia sotto la stessa guida».

Tre fonti militari russe concordanti, incluso un virologo negli alti ranghi militari, hanno descritto – a La Stampa e Coda Story –  l’operazione di aiuti umanitari in Italia come una «raccolta di intelligence». Militari e chimici esperti di armi contattati da La Stampa e Coda Story hanno affermato che in generale esiste una significativa sovrapposizione tra l’Unità della Difesa specializzate nelle armi chimiche e biologiche radiologiche dell’esercito russo (RChBD), e il GRU.

Andrea Armaro, che è stato per tanti anni portavoce del ministro della Difesa nei governi Prodi e Renzi, pone una domanda cruciale: «Se servivano gli assetti NBC a Bergamo, perché questi non sono stati utilizzati già un mese fa a Vo e a Codogno? E poi perché non usare quelli italiani? Il nostro esercito ha forse il miglior gruppo Nbc della Nato. E questo la Difesa lo sa benissimo». Abbiamo chiesto allo Stato maggiore della Difesa un ulteriore commento: ci hanno rimandato alla nota ufficiale in cui spiegano che i russi sono e saranno sempre accompagnati nell’azione da esercito e carabinieri italiani. Una fonte alla Difesa lascia capire: «Le domande sugli aiuti russi non dovreste indirizzarle a noi», con quello che è sembrato un riferimento al fatto che la vicenda è stata gestita dal premier, e l’esercito italiano sta solo eseguendo, in modo esemplare, stando a molti resoconti. Da Bergamo tutti del resto confermano l’eccezionalità delle nostre truppe.

Sergio Germani, direttore dell’Istituto Germani, tra i più importanti esperti italiani di apparati di intelligence russa, spiega: «Si tratta di una operazione propagandistica ma anche di intelligence militare. Dobbiamo solo capire quanti nella delegazione sono ufficiali del GRU. Da quello che so, vanno in giro e fanno domande che non hanno nulla a che fare con il covid-19. Come domande sulle infrastrutture». In Italia, osserva Germani, «c’è molta ingenuità sulla Russia e questo governo in particolare ha opinioni molto deboli. Sono certo che i servizi di intelligence italiani siano consapevoli dei rischi, ma i livelli superiori al momento stanno seguendo la linea politica. Alcuni dei più alti gradi, nominati politicamente, non esercitano esattamente la capacità critica».

Per di più, «le immagini degli specialisti russi di armi chimiche sul campo in Italia rafforzano l’idea che la pandemia potrebbe essere un attacco biologico». Il che ovviamente non ha alcun riscontro, ma suggestiona. Nel frattempo è in corso una grande operazione di propaganda russa, che ha inondato di video di Ruptly (il service video di RT) e di copertura Sputnik non solo il web e gli account troll all’opera nei social network italiani: il DFRlab ha ricostruito con una certa esattezza alcuni dei percorsi nelle nostre reti, e la quantità di impression ricevute da episodi di disinformaton o misinformation. «Entità statuali esterne stanno facendo disinformazione on line con una una campagna infodemica che vede nei Paesi dell’Unione europea, e nell’Italia come obiettivo non secondario, il proprio target», ha spiegato il presidente del Copasir, il comitato parlamentare sui servizi segreti, Raffaele Volpi. Ma video celebrativi provenienti da media del Cremlino da Bergamo penetrano ormai anche nei media mainstream italiani.

La settimana scorsa si è tenuta a Bergamo, all’hotel San Marco, una conferenza stampa del generale Kikot assieme al console russo a Milano, Alexander Nurizade. In quella occasione un ufficiale russo ha  comunicato: «I nostri medici saranno divisi in otto squadre da quattro persone, un anestesiologo, un epidemiologo, un ematologo, e un infermiere». Trentadue uomini in tutto. E gli altri cosa faranno, e usando quali agenti per la disinfezione? La domanda, in conferenza stampa, non ha ricevuto chiara risposta. Anzi, ha prodotto nervosismi.

Stando a quanto riferiscono alcuni dei giornalisti italiani presenti, poco prima della conferenza il console aveva accennato, sia pure senza entrare nei dettagli, a test che i russi avevano portato. Ma in conferenza stampa il vicepresidente della regione Fabrizio Sala, non senza fastidio dei russi verso queste normali curiosità, ha stoppato la domanda sui tamponi, dicendo che non si testano nuovi strumenti, gli italiani si atterranno alle disposizioni dell’OMS. I russi non volevano domande, l’atmosfera è stata tesa. Non pochi dei giornalisti italiani ne sono usciti insoddisfatti, in qualche caso assai scontenti per l’opacità del briefing. In definitiva, non un evento di trasparenza di cui si avrebbe invece bisogno.

Sergio Rizzini, direttore dell’ospedale da campo di Bergamo dove lavoreranno i russi, osserva che naturalmente ogni aiuto è comunque benvenuto, nella grave emergenza in cui si trova l’Italia, e la Lombardia in modo particolare: «Il problema in Italia soprattutto nella zona Lombarda è che ci sono purtroppo un numero rilevante di sanitari che sono stati contagiati, alcuni hanno un decorso della malattia importante tanto che ci sono stati già 50 morti. Questo personale non è impiegabile, e le strutture si sono trovate con meno personale di quello che avevano a disposizione per la gestione ordinaria, molto meno per la gestione straordinaria. Di conseguenza gli aiuti sono ben graditi, ovviamente». Il portavoce del sindaco di Bergamo Giorgio Gori assicura che, oltre agli occhi vigili dell’esercito italiano e dei carabinieri, «le squadre saranno coordinate dalla ong Emergency, dalla Protezione civile  e ovviamente riferiranno all’ospedale di Papa Giovanni».

Strana accoppiata simbolica, i russi e la memoria di Papa Giovanni.

Jacopo Iacoboni, Natalia Antelava, Cecilia Butini     La Stampa  2/4/2020 (In collaborazione  La StampaCoda Story)

 

 

“Tra i soldati russi con gli aiuti anche ufficiali dell’intelligence

«È strano che i russi siano stati schierati. È vero che questo tipo di truppe NBC russe ha capacità di decontaminazione ma anche gli italiani hanno questa capacità, e quella italiana è più moderna».

Hamish De Bretton-Gordon è l’ex comandante del Joint Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Regiment, e del battaglione NATO’s Rapid Reaction. E’ tra i tre o quattro massimi esperti europei di armi biologiche e chimiche e di intelligence, e ci aiuta a capire alcune cose sugli aiuti russi in Italia, parlandoci nell’ambito della collaborazione tra La Stampa e Coda Story. La vicenda degli aiuti russi ha suscitato perplessità e timori in Italia, sia in ambienti governativi sia militari.

Tra analisti e militari italiani c’è chi obietta che l’Italia ha due reparti chimico batteriologici ultra specializzati, perché usare i russi?

«È tutto molto strano e non torna – gli italiani sono in prima linea nella difesa delle armi chimiche e biologiche nella NATO e non hanno quasi bisogno dei consigli dei russi – li vedremo nelle strade di Londra dopo?».

Che tipo di reparto è il NBC russo guidato da Sergey Kikot?

«Si tratta di un’unità molto specializzata, e più di cento uomini sono un numero molto significativo. È davvero molto, come presenza. E tutto questo sarebbe inimmaginabile in qualsiasi altra situazione, avere queste truppe russe altamente addestrate in un paese della NATO»

Stiamo parlando anche di una presenza di intelligence russa?
«Senza alcun dubbio ci sono ufficiali del GRU tra loro. E possiamo supporre che vorranno scoprire il più possibile sulle forze italiane, istituiranno reti di intelligence, ci sarà un’enorme quantità di attività in corso proprio ora. Se sei a tuo agio con questi indumenti protettivi e riesci comunque a lavorare bene e funzionare in un ambiente altamente contaminato, indossando gli indumenti protettivi, puoi trarre molto da questo tipo di personale. Queste truppe russe sono molto abituate a operare in equipaggiamento protettivo, e la loro capacità – che è quella di cercare di imparare il più possibile sull’Italia e sul suo dispiegamento di forze – non ne risulterà diminuita».

Si tratta di un’operazione anche di propaganda?
«Non riesco a immaginare come sia potuto succedere, in un Paese Nato. È una situazione bizzarra, senza dubbio è sfuggita all’attenzione perché è sovrastata nell’enorme rumore mediatico prodotto dall’emergenza sul COVID-19. Ma possiamo vedere, dell’ampia copertura dei canali di notizie sponsorizzati dallo stato russo, che vedono l’operazione come un enorme colpo».

Perché è così sicuro che il GRU sia coinvolto?

«Tutto ciò che riguarda armi biologiche e chimiche avviene in Russia sotto i loro auspici. Il GRU e le altre agenzie di intelligence russe cercano sempre di ottenere informazioni sui paesi della NATO, e le attività di intelligence da tutte le parti non saranno sospese certo a causa del COVID-19. Non perderanno un’occasione come questa per raccogliere informazioni e informazioni».

Quanto è sorpreso di vedere un’unità di 122 specialisti di armi chimiche dalla Russia sul campo in Italia, e quanto è significativa?
«Molto. Si può prevedere che queste truppe potrebbero essere recuperate poi in patria per aiutare i russi nella loro battaglia con questo virus».

Jacopo Iacoboni, Natalia Antelava     La Stampa  2/4/2020 (In collaborazione  La Stampa- Coda Story)

 

 

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