Si è discusso molto del terremoto di Ischia. Nonostante la magnitudo bassa ci sono stati crolli e vittime, di chi è la colpa? Dei cittadini? Della politica? Della natura matrigna? Molti hanno citato Benedetto Croce perché finì sotto le macerie del terremoto di Casamicciola nel 1883 perdendo il padre, la madre e la sorella. In verità la riflessione filosofica sui terremoti viene da lontano e porta con sé (anche) interessanti considerazioni sul “male”. Non solo Rousseau. A Leibniz che diceva di “armonie prestabilite”, che “viviamo nel migliore dei mondi possibili”, rispose Voltaire in occasione del terremoto di Lisbona; significò l’abbandono dell’ottimismo e una riflessione sulla miseria dell’uomo e la dimensione del dolore (cfr. Poema sul disastro di Lisbona, 1756).

Interessanti, non solo perché riprendono Voltaire, le parole di Leopardi nella Ginestra; non c’è spazio per una visione ottimistica nel recanatese; l’uomo prenda atto, piuttosto, che dalla natura occorre difendersi, agisca di conseguenza, si unisca in una “social catena”.

È in questa direzione che ci siamo mossi? O sulla strada opposta, da irresponsabili? Della natura sappiamo vedere – talvolta – la bellezza, quasi mai la potenza distruttiva. Non ascoltiamo nemmeno i filosofi contemporanei; Hans Jonas, per dire, in Principio responsabilità, invita a riflettere anche sulla natura che sembra esigere una protezione contro le minacce del “progresso”.

L’orizzonte dell’etica si dilata, “suo oggetto non sono più soltanto i rapporti interumani, ma l’intera biosfera”. Va in altre direzioni il ragionamento di Jonas (indaga il rapporto natura/tecnica), ma certo anche il modo in cui l’uomo ignora, calpesta, dimentica la natura produce effetti devastanti. Responsabilità, è la parola chiave: la natura non è benigna né matrigna, è quello che è, bisogna conoscerla e assumere comportamenti adeguati: rispetto del territorio, dei vincoli urbanistici, delle leggi antisismiche, dei moderni criteri di costruzione.

La magnitudo bassa del terremoto di Ischia non spiega i morti: reo è l’abusivo; lo speculatore; il politico che, per fare cassa, concede condoni. Troppi i colpevoli. E allora. Vanno denunciate le responsabilità: Craxi, 1985; Berlusconi, 1994; Berlusconi-2, 2003 (i condoni sono devastanti). E poi: perché crollano per primi scuole e ospedali? Perché le opere pubbliche sono costruite male? Chi ci guadagna? Questo è il punto. Insieme all’altro, decisivo, del nostro senso civico: sindaci e cittadini hanno protestano a Ischia contro le demolizioni. Assurdo.

È l’isola degli abusi, basta “negazionismo” e storie sulla “necessità”, si tratta di affari, lo sapevano (l’hanno fortemente voluto) già negli anni Ottanta in epoca craxiana; hanno costruito ovunque – “scarpate, zone sismiche, zone franose” – Legambiente parla di 27 mila richieste di sanatoria. Altro che “giornalisti sciacalli”!

Gli italiani dimenticano: gli orrori del fascismo; gli inganni di Berlusconi; i danni dei terremoti. Dimenticano. La dimenticanza è idiozia? Ci sarebbe da discutere a lungo. Vanno denunciate le collusioni tra privati e pubblici amministratori e aiutata la magistratura che vuole agire. I politici fanno solo proclami, “unica eccezione il discorso di Pertini sui ritardi nei soccorsi ai terremotati dell’Irpinia” (Travaglio).

Quando finirà la speculazione e l’ossessione per il Dio denaro? Quando penseremo, con Voltaire e Leopardi e Jonas, all’equilibrio instabile in cui viviamo? Dimentichiamo la potenza della natura, nonostante ogni anno bussi alle fragili mura delle nostre città. Siamo stanchi di morti, telegrammi, condoglianze. Quanto alla società civile, ognuno si assuma la propria responsabilità, quando vota e quando costruisce casa: “Ogni uomo ha il potere di fare del mondo un posto migliore”.

Angelo Cannatà       Il Fatto  27 agosto 2017

 

vedi:  Il populismo ambientalista: nuova retorica anti-sistema

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